La Redazione
La Santa Messa dell’Epifania si terrà nella “grotta di Sant’Angelo” Domenica 6 Gennaio
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Dic 29
La Redazione & Minucciu
Nei tardi pomeriggi estivi, molto spesso “nùi quatràri dò casali” andavamo “àra Mòtta o ari Palìzzi” per godere dei venticelli delle serre che, “paràti dè còsti”, non giungevano nelle zone sottostanti che restavano gravate da una pesante afa.
“Aru chiànu dà tèrra” si radunava un bel pò di gente fra cui molti anziani, i quali, affacciati al basso muretto che delimitava il piazzale, guardavano nella vallata, commentavano ed annotavano ciò che vedevano, quel che accadeva in paese o nelle campagne o nei tratturi, che dalle varie località salivano fino al paese.
I più anziani rammentavano e discutevano su ciò che era od era stato il paese nei tempi antichi, “tannu”, per usare l’espressione più usuale pronunciata dai nostri vecchi. Basavano i loro racconti su memorie trasmesse da altri anziani che avevano loro tramandato antiche vicende, tradizioni e più remote narrazioni su “cùmu ghèra Sàntudunàtu e cùmu e chìni ghèranu i santunatisi”. Continua a leggere
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Dic 28
La redazione
“Manda l’augurio che vuoi scrivendo nel commento,ad amici ,paesani,familiari etc..”
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Dic 21
La Redazione
La redazione augura a tutti i « lettori » e « Sandonatesi » residenti e sparsi nel mondo
I migliori AUGURI di Buon Natale e felicissimo fine anno 2012.
« Vorrei poter mettere lo spirito del Natale all’interno di un barattolo e poterlo tirare fuori mese per mese, poco alla volta. »
(Harlan Miller)
“Manda l’augurio che vuoi scrivendo nel commento,ad amici ,paesani,familiari etc..”
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Dic 20
La redazione
«Una vetta non è solamente un posto su una montagna. La vetta esiste nei nostri cuori e nelle nostre menti.
É un frammento di un sogno che si avvera, la prova inconfutabile che la nostra vita ha un senso. La vetta è un simbolo, la dimostrazione che con la forza della nostra volontà, delle nostre gambe, della nostra schiena e delle nostre mani, possiamo trasformare le nostre vite in ciò che vogliamo.»
(In vetta a occhi chiusi – E. Weihenmayer)
Dal Campo al rifugio Piano di Lanzo – Lunghezza 19 Km . Tempo di percorrenza 9 ore e 40 minuti .Dislivello : 1113 m. in salita ;1344 m.. in discesa .Rifornimento idrico:Piano di Lanzo .Difficoltà EE
Le vette da scalare in questa tappa : Monte la Mula , Serra Paratizzi , Cozzo di Valla Scura , La Calvia , Cozzo del Pellegrino e Cozzo del Mangano.
La mattina di Mercoledì 20 giugno dopo un’abbondante colazione e preparato i panini con quello che era rimasto dalla sera ; raccogliamo i sacchi a pelo e le tende e ci incamminiamo verso la Mula .Il primo tratto ripido ; abbiamo fatto un taglio per incrociare la orrida strada sterrata che porta in vetta Monte la Mula 1935 m. slm , la 12^ vetta ; un panorama a 360° ma il nostro sguardo andava in direzione delle nostre prossime vette allineati di fronte a noi ..Serra Paratizzi , Cozzo di valla Scura , la Calvia e il Cozzo del Pellegrino , che si vedeva in lontananza che con 1986 m. slm è la montagna più alta dell’Orsomarso. Ripreso il fiato ci siamo diretti verso il piano di Zaperna per poi salire a Serra Paratizzi 1795 m. slm 13^ vetta ; facciamo un sali e scendi ; questo tratto è particolarmente difficoltoso per la sua vegetazione di faggi molto rigogliosa e per il sentiero inesistente e quindi difficile orientarsi anche perché non hai nessun tipo di visibilità ; ad un certo punto proprio sul sentiero la traccia del lupo … i suoi escrementi con il pelo di cinghiale , subito dopo un inghiottitoio ; fatto l’ultimo tratto di salita siamo arrivati in vetta a Cozzo di valle Scura 1824 m. slm 14^ vette anche questa vette è invasa dalla vegetazione , per vedere il panorama e il rifugio Piano di Lanzo sono salito su un faggio!! Continua a leggere
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Dic 14
La Redazione & Minucciu
La crescita
Il neonato sandonatese, come abbiamo visto, trascorreva i suoi primi giorni con le palpebre gonfie ed occhi rigorosamente chiusi, causa congiuntivite post parto. Se gli occhi pativano, il restante della corporatura non e che godesse perché, la tradizione ed una certa forma di “pediatria popolare” dell’epoca, consigliava una fasciatura collo-piedi che trasformava il neonato in una piccola mummia di cui restava visibile la sola testolina. Sebbene fosse abbastanza “làsca” la fasciatura dava l’idea di un bambino immobilizzato nella posizione di “attenti” con gambette unite e ben distese, braccia lungo i fianchi, in una posizione che sicuramente limitava ed impediva i movimenti degli arti e quel dinamismo, necessario nei primi giorni di vita, per permettere al neonato di assumere una certa padronanza nella gestualità e contemporaneamente acquisire un’iniziale tonicità muscolare. La fasciatura, era praticata allo scopo di proteggere la schiena da traumi e raddrizzare gli arti del neonato e non veniva considerata l’ipotesi che ne potesse risultare compromesso il tono muscolare, la limitazione del movimento ed essere di nocumento nei primi rudimenti di governo della motilità articolare. Osservando foto di ragazzini degli anni cinquanta si noterà l’esiguità della muscolatura negli arti. Non era dovuta del tutto a carenze alimentari. Da profano presumo che la scarsa consistenza muscolare era dovuta ai “guasti” dei primi tre mesi di vita, trascorsi in fasce e vissuti come delle piccole mummie, immobili ed impossibilitate a qualsiasi movimento articolare. Nelle intenzioni, il bimbo doveva necessariamente essere protetto e cautelato; l’unica soluzione pare fosse quella che lo vedeva costretto ed immobile in una posizione per me innaturale. Secondo la mia convinzione non era la sola “pediatria spicciola” a richiedere la fasciatura: “A tannu”, ossia nel tempo in cui l’economia era fondata prevalentemente su attività manuali e tutte le braccia dovevano “produrre” utile, anche la puerpera, più o meno dopo una/due settimane dal parto, doveva ritornare al lavoro. Un bambino fasciato era trasportabile e più facilmente gestibile sul luogo di lavoro e soprattutto, immobile com’era, non poteva essere soggetto ad incidenti. Almeno nel ceto popolare, poteva anche essere la miseria e non la scienza a determinare il sistema di allevamento e custodia dei figli, Continua a leggere
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Dic 01
Redazione & Minucciu
Lettera alla Redazione
Illustre Direttore.
In forma privata ti avevo avvertito che per il tempo che mi sarebbe stato necessario, la collaborazione al Giornale interattivo sarebbe stata meno frequente per miei impegni in studi e ricerche sull’antico tessuto sociale sandonatese, con particolare riferimento a lingua, cultura, storia, tradizioni, ambiente ed economia.
Sono giunto, come sul dirsi, a metà del guado ma ho inteso lo stesso trarre le prime conclusioni e dare corpo alle ricerche fin qui condotte.
Hai sicuramente presente le ricerche sul dialetto sandonatese, delle quali ti ho fatto partecipe, inviandoti alcuni risultati sulla prima lettera dell’alfabeto e che hai gentilmente pubblicato sul giornale. Ti partecipo che è in fase di stampa il relativo opuscolo di circa 400 pagine nel quale, oltre ai termini dialettali che hanno come iniziale tutte le ventuno lettere dell’alfabeto, ho riportato quelli relativi alla divisione del tempo ( mesi, giorni, ore della giornata e ricorrenze), alcuni dei soprannomi correnti in San Donato. Continua a leggere
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Nov 28
La redazione & Minucciu
Santu Dunatu; nà pìcchi ì stòria.
Da alcuni documenti contenenti cenni sull’origine e storia del nostro paese, si rileva che agli inizi del XIV secolo delle “terre di San Donato” era signore certo Filippo Tordo, la cui famiglia viene data per originaria di Pistoia. La circostanza emerge anche in relazione e quale collegamento alla concessione di una licenza di sfruttamento minerario per il territorio sandonatese, a due cittadini lucchesi appartenenti alla famiglia Passavante, tali Giovannuccio e Guiduccio, e dei loro accordi con Tordo, indicato come signore di San Donato e che, nel 1336, “passò il feudo al figlio Jacopo”.
Da altra documentazione si ha la conferma della signoria su San Donatola parte della famiglia Tordo, il cui casato è dichiarato dubbio, con la probabile alternativa di Tordi o Tardi o Tonti, così come è priva di certezza la città di origine, indicata parimenti in Salerno o Pistoia.
Per questioni di logistica e distanze, su Salerno non ho potuto fare ricerche. Per Pistoia ho avuto vita facile, ci abito.
Ho potuto consultare, fra altri, il volume di Dario C. BARNI “Le grandi famiglie pistoiesi, mercanti e banchieri” edito dalla Banca di Credito Cooperativo di Chiazzano (PT) nel 1992 e dal quale si rileva che quella dei TONTI era una nobile ed antica famiglia sulla quale si anno notizie in tempi sicuramente anteriori al 1300. Ai primi del secolo suddetto un Lapo Tonti, considerato fondatore della dinastia mercantile, ricopre una importante carica nell’Opera di San Jacopo mentre uno dei figli, Filippo, nell’anno 1356 è Gonfaloniere. Continua a leggere
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