Luigi Bisignani
STUÒZZI Ì STÒRIA. (parte quarta)
Minùcciu bbì cùnta cà, i fèsti sù còs’àntìchj….
La celebrazione delle feste pasquali, nella tradizione cattolica, comprende anche il giorno successivo alla giornata che celebra la resurrezione di Cristo.
Detto giorno festivo è conosciuto con vari appellativi, tutti legati a tradizioni, popolari e/o religiose, profondamente sentite e radicate. Abbiamo così i seguenti termini per identificare il giorno successivo la domenica di Pasqua.
–pasquetta, che è la denominazione più diffusa e popolare, tradotta pàscùni, nella parlata sandonatese;
-il Lunedì dell’Angelo, o dell’ottava di Pasqua o lunedì in Albis, denominazioni che troviamo nel calendario cattolico ed in quello liturgico.
In buona sostanza la giornata commemora la scoperta del sepolcro di Gesù vuoto e la contemporanea presenza di un angelo, seduto nei pressi dell’ingresso, che ne annunciava la resurrezione a Maria di Magdala, a Salomè, a Giuseppe ed a Maria, madre di Giacomo, i quali, nel primo giorno della settimana, si erano recati al sepolcro per imbalsamare il corpo di Gesù.
Dall’accenno al “primo giorno della settimana” citano nei Vangeli, deriva la tradizione cattolica di celebrare questo evento di lunedì, non tenendo conto che, dagli stessi scritti evangelici, si rileva che l’annuncio della resurrezione sarebbe avvenuto il giorno dopo il sabato. L’errore sta nel fatto che i vangeli facevano riferimento alla pasqua ebraica, che cade nella giornata di sabato, quindi l’angelo avrebbe fatto l’annuncio nel giorno di domenica.
Nel determinare la ricorrenza, non s’è tenuto conto che la settimana ebraica inizia di domenica e qui, più che la storia, nella scelta, ha pesato molto la tradizione cattolica, per la quale l’inizio settimana è al lunedì.
La tradizione della scampagnata di pasquetta (tempo permettendo), potrebbe derivare dalla interpretazione di un passo del vangelo di Luca, la dove viene detto che nel giorno di Pasqua, Gesù apparve a due discepoli che erano in viaggio per raggiungere il villaggio di Emmaus, nei pressi di Gerusalemme
Il Lunedì dell’Angelo, pur non essendo festa di precetto religioso, è sempre stato celebrato, ma senza una precisa indicazione di legge sulla pausa a livello lavorativo. Difatti, la festa “civile” della pasquetta è recente ed è stata ufficialmente istituita nel dopoguerra, soprattutto per concedere una giornata festiva e di riposo in più.
La tradizione paesana voleva che, per il pranzo di pasquetta, agli avanzi della giornata precedente, si aggiungessero arrosti di animali da cortile (cunìgghj, gadddhjni) da preparare sul posto, timballi, pàni chjnu, nchjùsi, pìtti, riganàti, scapìci, sàvuzìzzi, sottòli, dùrci, vino a volontà e tanta musica.
Dopo Pasqua, la ricorrenza religiosa, molto sentita dai sandonatesi, era la solennità in onore della Madonna. Per la chiesa cattolica, maggio è il mese della Madonna, ma non si può ignorare il legame con credenze e solennità pagane dei romani, presso i quali maggio era dedicato alla dea Maia, cui erano dedicate anche le rose.
–I fèsti ppà Màdònna- Abbiamo visto che il cristianesimo antico, non prevedeva alcun tipo di devozione, diversa dalla fede verso l’unico Dio e che il diffondersi della religione cristiana in territorio greco-romano, ha portato ad una “contaminazione” con i culti pagani, opportunamente riconsiderati per dare loro una sfumatura nominalmente cristiana ed essere così accettati.
La Chiesa ha tollerato queste contaminazioni, soprattutto per favorire l’adesione delle popolazioni pagane al cristianesimo e farvi loro ritrovare elementi familiari.
Fra le varie “contaminazioni”, è da annoverare il culto orientato a Maria madre di Gesù,
I popoli pagani che aderivano alla nuova religione, per fede, per paura o per convenienza, seguivano una religiosità istintiva che li portava a preferire il culto di qualche divinità “materna” (piuttosto che l’austera adorazione dell’unico Dio), anche per motivazioni psicologiche legate ad una figura protettiva e rassicurante rispetto quella paterna.
Il culto della Madonna, origina massimamente dal culto di Iside (definita ”la Vergine”), così come molte altre madri di eroi divini
Iside rappresentava anche la notte (nei miti pagani sono presenti eventi astronomici) e molte sue statue erano nere (similitudine con le “madonne nere” della cristianità?).
Nel corso dei secoli, nella chiesa cattolica (sembra in assenza di conforto nei testi evangelici e pare anzi in opposizione), è stata elaborata la “teologia mariana”, mediante la quale, si sono concentrati su Maria, i contenuti ed i significati delle mitologie pagane sulle divinità femminili, sempre descritte come materne e vergini.
Nelle varie celebrazioni dedicate alla Madonna, taluni studiosi hanno ravvisato tracce che fanno presumere alla trasformazione ed al proseguimento, di antiche feste dedicate a divinità pagane.
Nel corso del concilio di Efeso, la chiesa cristiana riconsiderò il mito pagano della Dea madre, fecondata da un Dio padre, dalla quale nacque un essere semidivino.
Nel 432 (ben 4 secoli dopo la predicazione di Gesù), Maria fu proclamata “Madre di Dio” e che ciò sia avvenuto proprio ad Efeso rende non casuale la circostanza, perché la città aveva un forte attaccamento al culto di una “madonna pagana” e nel caso di specie, si trattava di Artemide (o Diana).
Negli atti degli apostoli, si narra che l’apostolo Paolo, giunto in Efeso col proposito di fondare una comunità cristiana, vi incontrò ostilità, perché la sua iniziativa minacciava la sopravvivenza del culto di una “madonna” locale.
Questa il breve excursus su un culto che affonda le sue radici nelle tradizioni pagane più profonde e allignate nei nostri antichi.
I sandonatesi, come altre comunità, hanno adorazione verso la Madonna, che onorano in tre distinti periodi.
Maria Ausiliatrice il 24 maggio;
la Madonna Assunta il 15 agosto;
Maria Immacolata l’8 Dicembre.
In rigoroso ordine cronologico andiamo a vederne storia e tradizione.
–Màdònna dò vìntiquàttru (Maria Ausiliatrice). È la Madonna dei tempi difficili, la cui devozione, sotto il titolo di Ausiliatrice, manifesta fiducia per la figura di Maria, madre che non abbandona mai i suoi figli che sempre segue ed aiuta.
Queste attribuzioni, fanno si che il titolo di “Maria aiuto dei cristiani”, fosse già presente nelle litanie lauretane (in onore della Madonna di Loreto), fin dal 1500.
La devozione per Maria Ausiliatrice, era diffusa nell’epoca di S. Pio V e si propagò in seguito alle vittorie dei cristiani contro i turchi (Lepanto 1571 e Vienna 1683).
Il Papa Pio VII, nel 1814, dopo la sua liberazione dalla prigionia, istituì la festa di Maria Ausiliatrice, fissandone la data al 24 maggio. In origine la festa era limitata alla Chiesa di Roma, ma fu presto adottata dalle diocesi toscane (1816) e poi estesa alla Chiesa universale
L’invocazione “Auxiluim christianorum, ora pro nobis”, che appare per la prima volta nelle litanie lauretane, versione del 1576 venne approvata da papa Clemente VIII nel 1601, ma era assente nella versione più antica del 1524.
Tradizione vuole che tale invocazione sia stata aggiunta da papa Pio V, dopo la vittoria di Lepanto, ma più probabilmente, rappresenta una variante del titolo Advocata christianorum, che si trova nell’edizione del 1524.
Il titolo (insieme a quelli di Avvocata, Soccorritrice e Mediatrice), è utilizzato anche nella costituzione dogmatica “Lumen Gentium” del 1964.
Secondo tradizione, il titolo “Auxilium Christianorum”, si deve all’invocazione del papa mariano (il domenicano San Pio V 1566-1572), il quale affidò alla Madonna le armate ed i destini dell’Occidente e della Cristianità, sotto minaccia turca, le cui armate, giunte fino alle porte di Vienna, vennero sconfitte.
La memoria popolare, circa il titolo “Aiuto per i cristiani”, attribuito alla Madonna, ci tramanda un’altra versione che vede protagonisti i reduci di Lepanto che, al ritorno passarono per Loreto fermandosi a ringraziare personalmente la Madonna.
Lo stendardo della flotta fu inviato a Gaeta, per essere esposto nella chiesa dedicata a Maria, dove è ancora conservato.
Il sentire comune nel popolo cristiano, fece si che agli antichi titoli di Consolatrix afflictorum (Consolatrice degli afflitti) e Refugium peccatorum (Rifugio dei peccatori), aggiungesse quello di Auxilium Christianorum (Aiuto dei cristiani).
Fra gli antichi sandonatesi, la festa in onore a Maria Ausiliatrice era conosciuta come à fèsta dò vintiquàttru (sottinteso maggio) anche se spesso ne veniva sbagliato l’attributo (Assunta al posto di Ausiliatrice). Sede storica del quadro che raffigura la Madonna è l’antica chjèsia dà tèrra, dalla quale, una settimana prima della ricorrenza, il simulacro veniva scìsu arà chjèsia dò càsàli (Ss Trinità) per tornare alla sede dà tèrra, a festeggiamenti conclusi.
A chièsia dà terra, è ubicata su uno sprone di roccia, dal quale lo sguardo si stende nelle vallate sandonatesi e foschia permettendo, fino al mare.
Per tradizione, alla prima uscita dalla chiesa, il simulacro veniva affacciato sulla vallata circostante, perché volgesse il suo sguardo a protezione di uomini e cose. Altra “benedizione”, con le medesime intenzioni, veniva sparsa esponendo il quadro al rientro. La madonna veniva onorata con preghiere ed invocazioni, ma anche con gesti concreti, quali donazioni di ex voto (il tesoro negli anni sessanta venne rubato e ricostituito senza però raggiungere preziosità e consistenza del precedente) e donazioni in denaro, alle quali si aggiungevano le rimesse degli emigrati al comitato organizzatore e le dazioni “brevi manu”, durante le quali le banconote venivano “spillate” agli stendardi che accompagnavano la processione. Non mancavano cospicui e splendidi fuochi artificiali che, all’imbrunire inoltrato, venivano sparàti dè còsti dà tèrra, preceduti da ì bbòtti (colpi singoli), che accompagnavano la processione, spàràti à zìu Dùmìnicu ì mìliùni.
Come dimenticarsi della fiaccolata, che accompagnava la processione serale in onore della Madonna, piena si di fascino, ma anche circostanza e causa di liti, dovute alla confusione generata dalla “corsa” per accaparrarsi i làmpiuncìni, fabbricati da giovani sandonatesi, con la supervisione ì zìu Micùzzu ù sàcristànu.
–Còrpusdòmini- La solennità del Corpus Domini, è festa di precetto, che celebra il mistero dell’eucaristia istituita da Gesù nel corso dell’ultima cena.
La festa nasce da due visioni mistiche della priora del monastero del Monte Carmelo presso Liegi, la beata Giuliana di Retine.
Una prima l’ebbe da giovane, quando la visione aveva sembianze di luna, con un’ombra su un lato, nella quale Giuliana percepì l’immagine della chiesa dell’epoca che non prevedeva solennità in onore del santissimo.
Nella seconda visione del 1208, le apparve il Cristo che le chiese di adoperarsi per istituire la festa del Santissimo Sacramento, allo scopo di ravvivare la fede ed espiare i peccati commessi contro il sacramento dell’eucaristia.
Per realizzare l’impresa, la beata consultò vari studiosi e nel 1222, nominata priora del convento di Mont Cornillon, chiese consiglio ai maggiori teologi ed ecclesiastici del tempo, scrivendo anche una petizione indirizzata a Hughes de Saint-Cher, all’arcidiacono di Liegi Jacques Pantaléon ed a Roberto de Thourotte, vescovo di Liegi.
L’iniziativa e le insistenti richieste della monaca, tradotte in una istanza redatta da Giovanni da Lausanne, nel 1246 indussero il vescovo di Liegi a convocare un concilio (i vescovi in quell’epoca avevano la facoltà di istituire festività all’interno delle loro diocesi), nel quale si stabili che, a partire dall’anno successivo, venisse celebrata la festa del Corpus domini fissandone la celebrazione al giovedì successivo l’ottava della Trinità.
Nella istituzione della festa del Corpus Domini, pare abbia avuto influenza la ferma opposizione della chiesa alle tesi del vescovo Berengario di Tours, il quale, già dal 1047, aveva sostenuto che la presenza di Cristo nel pane eucaristico (ostia) non era reale, ma simbolica.
Papa Urbano IV, nel 1247 estese la celebrazione del Corpus Domini a tutta la cristianità, in ciò influenzato dal miracolo eucaristico di Bolsena, quando da un’ostia sgorgarono alcune gocce di sangue, testimonianza della reale presenza del corpo di cristo.
Si narra che un prete boemo, pellegrino verso Roma, fermatosi per dire messa in Bolsena, nel celebrare l’eucaristia, fosse assalito dal dubbio che nell’ostia fosse veramente contenuto il corpo di cristo. Dalla particola da lui spezzata fuoriuscirono alcune gocce di sangue che andarono a macchiare alcune pietre dell’altare (conservate nel duomo di Santa Cristina) ed il lino bianco del corporale (conservato nel duomo di Orvieto)
Nel nostro paese la festa del Corpus Domini non aveva carattere civile ma prevalentemente religioso, essendo festa “ballerina”, ricorrente nella prima settimana di giugno, perché legata alla festa della SS Trinità, cadente nell’ultima domenica di Maggio.
Era però festa sentita e molto partecipata e noi ragazzi eravamo attratti dalla “scenografia” che accompagnava la processione, intesa nel baldacchino, nell’ostensorio, nella scorta dei carabinieri in alta uniforme. Vi erano addobbi ad ogni balcone o finestra con affacci nelle vie percorse dalla processione e venivano esposti i pezzi migliori del corredo familiare (cupèrti e cùpirtìni)
Ogni rione addobbava il suo altarino con stoffe, tappeti ed ornamenti realizzati con petali di fiori (ginestra, papaveri, rose, garofani e fiori di campo).
Fornitori di materia prima per gli addobbi floreali erano ì quàtràri dò vìcinànzu, sguinzagliati alla raccolta dei petali ì jùri ì spàrtu, pàparìna, gàrofanièddhj e fiori di campo vari.
Il migliore ed il più ricco altarino, a memoria mia, resta quello realizzato àra chjàzza Nòva, l’unico con le piante in vaso prestate da donna Flora Cordasco ed addobbi realizzati con stoffe messe a disposizione à zìu Ntòniu Pùcciàni. Maestre riconosciute, per gli addobbi floreali e gli ornamenti dell’altarino, erano Lìna e Filicetta ì spaccùni, coadiuvate da donna Lidia Lamensa, e dalle sorelle Assunta e Dilina ì biàsìnu (chiedo scusa per altre persone non citate)
Alla realizzazione naturalmente collaboravano tutte le famiglie dò vìcinànzu.
Minucciu