Luigi Bisignani
Camminando attraverso un mercatino dell’usato,delle volte si hanno delle bellissime sorprese.
Il nostro amico Minucciu passeggiando in uno di questi mercatini ebbe un’agreabile sorpresa scoprendo una medaglietta con il nome di San Donato di Ninea-Policastrello.
Immaginate un po ,cosa voi stessi avreste fatto, lui invece con la sua curiosità che ormai conosciamo, iniza una nuova ricerca ed eccola oggi che ve la porto a conoscenza.
Stuòzzi ì stòria: Quìru c’ònn’àmmintàmu cchjù
In alcuni scritti ho sostenuto che noi sandonatesi apparteniamo “à ‘nnà ràzza sènza mìmòria” attirandomi per questo critiche, risentimenti e qualche rimbrotto dal tono poco amichevole, “còsicèddhj” c’à paìsànu ‘nzinu ù mudhùddhu” non posso accettare per intero ma neanche condannare totalmente.
Poi capita che tuo figlio, nato fuori delle terre calabresi, ma affezionato, più dei nativi, al luogo da cui origina la parte paterna della sua famiglia, curiosando nei mercatini on line, dalla Spagna ti faccia arrivare una medaglietta coniata nel 1915 e tu scopri con somma sorpresa che celebra una fra le tante cose buone del tuo paese e delle quali si è persa memoria.
La medaglietta di cui sto parlando (vedi foto a corredo della ricerca), su una faccia reca incisa la scritta “MUTUO SOCCORSO ED INSEGNAMENTO” ed al centro raffigura due mani che si stringono, simbolo iconografico delle società di mutuo soccorso e delle varie fratellanze che nacquero negli anni a metà del XIX secolo e che fiorirono nei decenni precedenti la grande guerra del 15-18.
Sull’altra facciata due incisioni; sul bordo “SAN DONATO NINEA POLICASTRELLO”; al centro la scritta “LA VITTORIA” .
Vista così parrebbe una medaglia coniata per celebrare un avvenimento di un certo rilievo (vittoria in una gara sportiva, in una competizione culturale o quale premio per eccellenti risultati negli studi o per la conclusione brillante degli stessi, ovvero per commemorazioni varie).
Della medaglia non abbiamo appurato altro. Il rivenditore non è stato in grado di fornire alcun particolare, né sulla storia, né sulle vicende che hanno portato la medaglietta da San Donato in altre terre.
Interessato per ulteriori notizie ha testualmente risposto: “ci dispiace non poterti essere utile ma il collezionista spagnolo l’ha comprata tanti anni fa in un mercatino e non ne sa niente di più”.
Meno ancora ho potuto appurare interpellando compaesani più anziani. A livello personale non ho memoria di racconti e vicende sull’associazione cui la medaglia fa riferimento.
Ma i calabresi sono testardi ed i sandonatesi, a modo loro, lo sono in maniera particolare. Forte di queste peculiarità, da buon “àlbarànu” mi sono incaponito in ricerche sul significato storico della coniazione e sulla probabile collocazione storica della medaglietta.
Il “mutuo insegnamento”, al quale la medaglia è riferita, è stato un sistema di insegnamento scolastico, basato sull’apprendimento reciproco, sviluppato all’educatore inglese Andrew Bell verso alla fine del XVIII secolo.
Un altro inglese, il quacchero Joseph Lancaster, riprese l’idea del Bell applicandola in una scuola da lui fondata.
Detto metodo di insegnamento si diffuse all’inizio del XIX secolo in Gran Bretagna e successivamente in Spagna, Francia ed Italia (Sicilia in special modo).
Il metodo era basato sui “monitori”, ossia sull’insegnamento organizzato in sezioni ed allestito in classi omogenee, all’interno delle quali gli scolari più bravi erano impiegati, sia come monitori degli altri scolari, sia come aiutanti del maestro.
Il mutuo insegnamento sembrò essere un metodo appropriato per istruire un numero crescente di scolari. Ebbe favorevoli, ma anche detrattori che ne criticavano la forma (spesso meccanica) e la disciplina (simile a quella militare), caratteristiche indispensabili al suo funzionamento.
Giudicato esemplare ancora nel 1820, questo metodo pedagogico fu avversato ed infine travolto da controversie che opponevano i fautori di un insegnamento liberale a quelli di impostazione conservatrice.
Il mutuo insegnamento fu proibito da papa Leone XII nel 1824 e come sistema pedagogico scomparve negli anni 1830-40.
In Italia detto metodo di insegnamento venne introdotto dagli inglesi in Sicilia e poi si estese al resto delle regioni del regno del sud.
Il Lancaster, lavorando come assistente scolastico, aveva saggiato l’inadeguatezza di metodi didattici calati dall’alto ed adottati in classi assai numerose.
Per rimediare ai guasti di detto sistema, mette a punto un modello atto a favorire un processo di alfabetizzazione più diffuso e verso il quale sempre più si va rivolgendo l’interesse e la cura dei filantropi.
Il metodo Lancaster, si basava sul principio dell’idoneità e della reciprocità che hanno gli allievi già istruiti (monitori) di farsi maestri ai meno istruiti (pupilli).
Ciò consentiva ad un più elevato numero di allievi di accedere alla scuola e di istruirsi sotto la direzione di un unico maestro, “procurando enorme risparmio di economie”, particolare quest’ultimo non trascurabile, considerate le scarse risorse finanziarie che i governi dell’epoca mettevano a disposizione dell’istruzione pubblica popolare.
Gli allievi erano divisi in otto classi per lettura e scrittura ed in dieci per l’aritmetica; il metodo prevedeva altrettante classi per i lavori d’ago riservate alle fanciulle.
Nel Regno di Napoli il metodo viene introdotto dall’abate Antonio Scoppa, che nel 1817 ebbe l’incarico di istituire presso il reale Albergo dei Poveri, una scuola di mutuo insegnamento alla Lancaster, “principiando con l’istruire li Istruttori normali, e li 49 Maestri delle scuole primarie di Napoli”.
Nonostante i preconcetti dell’epoca tempo verso “le novità” ed il giudizio negativo espresso dal Cardinale Ruffo (il quale sosteneva che il metodo lancasteriano era capace solo di risvegliare nello spirito dei fanciulli “la passione dell’orgoglio e della superiorità”), la nuova metodologia di insegnamento si diffonde ed metodo si adotta in numerose scuole del regno.
Nel primo quarto del secolo XIX la nuova pedagogia non ha grande diffusione nei domini continentali delle Due Sicilie, malgrado l’emanazione nel 1819 del Regolamento per le scuole primarie de fanciulli di Napoli e del Regno, col quale si auspicava che nelle città più popolate del Regno venissero istituite scuole di mutuo insegnamento.
Il metodo lancasteriano non trova, almeno fino al 1825, diffusione ed è difficile ottenere dati sulla sua adozione nel regno delle due Sicilie, tanto da far affermare a taluni studiosi che “nel Mezzogiorno l’applicazione del metodo lancasteriano fu limitata e quasi sempre scorretta perché apparteneva ad altre culture”.
Negli anni dei moti insurrezionali, il sistema di insegnamento monitoriale viene accusato di “sollevare prematuramente i fanciulli al comando, alla autorità e di risvegliarne lo spirito, la passione di orgoglio e di superiorità”.
Attraverso l’emanazione dei Regolamenti per le scuole comunali e per le scuole private la Commissione di Pubblica Istruzione, a partire dal 1821, obbliga tutti i comuni ad attivare una scuola primaria, o secondo il metodo di Lancaster o col metodo normale, a seconda delle circostanze locali e “dei mezzi di cui si potrà disporre”.
Prescrive inoltre l’apertura nel capoluogo di ogni intendenza, di una scuola primaria centrale, affinché sia di norma e di modello a quelle degli altri Comuni e presso la quale -specificano i Regolamenti-dovranno apprendere “il metodo pratico coloro, che vorranno consagrarsi all’istruzione primaria”.
L’interesse per il metodo di Joseph Lancaster non ebbe profonda incidenza sull’alfabetizzazione del ceto popolare. Le condizioni sociali ed economiche dell’Italia del sud, tra la fine del ‘700 e la prima metà dell’Ottocento, non erano uguali a quelle dell’Inghilterra. Era la triste realtà di una società agraria di tipo arcaico, ad organizzazione e conduzione feudale, dove le famiglie estremamente povere, non potevano mandare i bambini a scuola ma, ancor peggio, si vedevano costrette ad impiegarli nei campi per una misera paga.
Il metodo di insegnamento comunque trova una discreta diffusione nei centri più popolati ma non sempre fu applicato secondo le prescrizioni del manuale di Lancaster.
Ciò perché, frequentemente, le scuole erano sprovviste di ampi locali e dei sussidi necessari, ma anche per via di amministratori locali (dove “dormienti”, dove “ignoranti”), che evitavano di “sborsare un sol ducato” per una spesa (l’istruzione dei fanciulli e delle fanciulle), ritenuta del tutto inutile.
Questo il vissuto storico che verosimilmente è dietro la coniazione della medaglia intitolata ai due centri nelle terre sandonatesi, luoghi ove negli anni attorno al 1915, pare sia stata istituita e sia esistita una scuola di “Mutuo Sussidio ed Insegnamento” che ha fatto coniare la medaglia (premio o ricordo non importa) nonché istituzione di alti fini sociali, della quale sono rimasti ignoti istitutori e benefattori.
Con dispiacere richiamo l’incipit della presente ricerca, purtoppo per riaffermare che di tale istituzione non è rimasta traccia, né nella memoria popolare, né nella storia sandonatese.
Aprile 2017
Minùcciu