Luigi Bisignani
Tratto da “Sopra San Donato” – 1913
di Roberto Campolongo
Miniere diverse di Calabria ( San Donato di Ninea)
La Calabria, oltre ad essere una regione ricca di flora e fauna, abbonda di minerali diversi. Il Barrio, il Marrafioti ed il Fiore dicono che vi sono miniere di oro, d’argento, di ferro, di piombo, di sal fossile, di pirite o marcassite, di calcanto o vitriolo di rame. Di azzurro di montagna e propriamente i minerali di ferro a Tortona, di piombo a Scalea, di ferro, di cinabro, di vitriolo di rame, di sal gemma e di carbon fossile a San Donato Ninea, di vitriolo di rame a Sant’Agata, a Sangineto, a Montalto, a Pietrafitta, a Belsito, a Donnici e a Pizzo; di sal gemma a San Vincenzo, a Montalto, nel Miliano della Sila, a Pietramale, a Gioiosa a Castelvetere, a Santa Caterina, a Cerenzia, a Verrine e a Rossano; di Manganese a Rende, a Brancaleone e a Cassano al Ionio; di miniere di oro a Morano calabro, a Saracena, a Roccella, a Polia, a Sino poli; di vitriolo di Rame a: Martorano, a Stilo, a Gimigliano, a Taverna, a caloveto e a Rose; di miniere di smeriglio ad Angitola e al Pizzo; di miniere di sale a Lungo, ad Acquaformosa e a San Donato di Ninea; di oro, argento e di ferro ad Altomonte; di fero a Stilo e a San Donato Ninea; di oro e d’argento a Squillace; di argento a Longobucco; di oro, argento e piombo a Cosenza; di oro e ferro a celico; di piombo ed oro a Grotteria; di azzurro di montagna o idrato di rame naturale ad Altomonte, a San Donato Ninea, a Martorano e a Catanzaro; manganese ossidato a Scalea; di pirite idrorgirocuprica o di rame a San Donato Ninea e a Rossano e di zingo a Longobucco. Nel monte Mula di san Donato Ninea si trovano i berilli, il cristallo perfettissimo ed il sale terrestre. San Donato Ninea detta Conca dei metalli, è un paese pieno di minerali preziosi. “Nel 1700 Gaetano Boccia, Giuseppe martelli e Nicola Fera, ottennero in feudo dal governo le miniere del mio paese, con la facoltà di estendere gli scavi di esse, fino alla circonferenza di 20 miglia, e ne presero possesso in Maggio dell’anno 1705 al 1736, oro, argento, rame, mercurio e cinabro. Prima nel 1705 ne cavarono il rame greggio, che produsse un tre quintali, 30 chili e 67 libbre e mezzo di rame perfettissimo, che fu deposto nella regia zecca di Napoli.
Nell’anno 1706 aprironsi due grotte e si costruì una fonderia per il lavoro delle materie metalliche nella regione detta Logge, sopra l’attuale ponticello dello stesso nome. Sotto gli auspicii del governo vi lavorarono per più anni 100 forzati, vegliati dal direttore Insquall, e di varii ufficiali Austriaci. Nel 1737 i lavori si sospesero per la freddezza della real camera di Santa Chiara, per il profitto, per l’ingordigia e le angarie del Duca di San Donato, per l’infedeltà degli impiegati, per mutamenti politici, pei litigi sopravvenuti, e per la poca espertezza e perizia dell’arte, e non vi si pensò più. Nel 1838 il francese Brun studiò per quattro giorni la natura dei nostri monti, fece diverse escavazioni e si portò in patri un quintale di minerali diversi.
Nel 1835 Leopoldo Pilla trovò in San Donato Ninea la pirite idrorgirocuprica o di rame (1) Leopoldo Pagani –Studi sulla Calabria. Nel 1890 una società fiorentina, con a capo l’ingegniere Barbarano, comperarono la miniera di cinabro che si trova sopra del paese, nella parte denominata Bocca della Cava; cominciata l’escavazione vi trovarono un quintale di cinabro.
L’escavazione sarebbe continuata, ma dopo soli due anni morì il Barbarano, e d’allora in poi ogni cosà finì. Nel 1912, il Sacerdote Roberto Campolongo fece venire da Milano l’ingegniere Carlo Pfaltz e A. E. Pernotti da Napoli per verificare nuovamente le miniere del paese, ed entrambi gl’ingegnieri trovarono il cinabro, il vetriolo di rame, il ferro e il carbon fossile.
Oltre alla miniere di cinabro, San Donato Ninea ha una grande quantità di ferro che si trova in Rosaneto, proprietà del Barone Campolongo, nella parte detta Vena di Vertoletta: nel 1860-63 se ne fece escavazione, e il ferro che se ne estrasse, venne purificato dallo stesso Campolongo, ma visto che le spese superavano il guadagno, si sospese ogni cosa, e d’allora in poi non vi si ci pensò più.
Si trova ancora il sale come quello della salina di Lungo, nella montagna denominata Tavolato, ed è sale purissimo, tanto che nel 1848 i Sandonatesi, approfittando della rivoluzione, andati, sopra la montagna, cominciarono ad scavarne una grande quantità e se ne fecero delle provviste; ma avvisate le guardie del governo Borbone, la miniera fu chiusa con terra.
Si trova ancora il carbon fossile, veramente lignite, nella regione denominata Molaro e spesso se ne vedono dei grossi pezzi, specie quando vengono dei forti temporali. Abbiamo ancora delle cave o miniere di pietra di gesso e di tufo ed il vitriolo nei pressi del paese, nella parte detta Gafaro o fiumicello della Sellata. Il vitriolo è attaccato alla terra e le donne del paese, spesso, quando difettono di fili nero, vanno in quel luogo, scavano una fossetta nella stessa terra. Vi mettono dell’acqua e vi tingono il filo bianco in nero; il filo deve essere prima immerso in una pozione di acqua calda con Lignello. Ora, come è San Donato Ninea tutto pieno di miniere, così sono anche gli altri paesi della Calabria, che escavate, porterebbero la ricchezza, ma a tutto questo non si ci pensa, ed i calabresi vanno ad arricchirsi nelle Americhe mentre avrebbero la ricchezza nei propri paesi. Sotto Carlo III di Birbone, in Calabria erano escavate 57 miniere, delle quali 23 di argento nella contrada di Bisunti, di Stilo, di Castelvetro, di Badolato, di Mesuraca, di Aspromonte, di Reggio, di San Giovanni in Fiore e di Longobucco. Di più si ha fondata certezza, che vi è dell’oro in Precacore e roccie di rubino e topazio nel Pizzo e in Amantea. In Stilo e in Reggio si trovano ricche ferriere, e a Squillace, in Monterosso, si trova roccia di grafite. A Lungo si trova la miniere del sale, una delle più grandi di Europa, non inferiore a quella di Wielizcha in Polonia, ed a quella di Cordova in Ispagna. Anche i fiumi e i monti della Calabria sono pieni di minerali di tutte le specie. Omero, Ovidio, Tullio, Strabone, ricordano le miniere di Temesa o Tempsa, ora Cetraro, che ai tempi di Strabone furono abbandonate, mentre gli scrittori calabresi ricordano quelle di ferro nella Sila, di Stilo, di Castelvetro e di Grotteria, oltre quelle di zolfo e di piombo nelle vicinanze del Tronto, e altre di varii metallo in San Donato Ninea.
Il fiume di Castelvetro, vicino a Campoli, porta minerali di rame, di piombo argentifero, di ferro, solfuri di rame; il fiume di san Donato Ninea, denominato Rosa, porta ferro, cinabro, vitriolo, dei pezzetti di quarzo, di schistohorniblenda, di horiblenda, di stratile e di talco comune.
La Calabria abbonda di minerali, che in mano degli Inglesi frutterebbero molto, mentre da non si guardano con noncuranza, ed andiamo altrove a cercare la ricchezza, mentre l’abbiamo nei propri paese.