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Certo che oggi leggere un libro di 200 o 300 pagine é molto difficile e non molti lo fanno,é pur vero che la nostra storia paesana é bella ,ma oggi per dare voglia di leggere si debbono scrivere pochissime pagine,mi ricordo il consiglio del mio mentore Dommicienzu i Caluprisi, ” Vuoi dar voglia alla gente di leggere? scrivi corto e preciso” ed fu grazie a questo consiglio che vinsi la mia prima borsa di studio a Roma negli anni 70.Allora oggi vi faro conoscere un po di storia paesana con solo qualche pagina…il seguito verrà con il tempo, ma solo con qualche pagina.Buona lettura.
Prime e Seconde case
Le prime case del nuovo paesetto sorsero nella contrada denominata Pantano, proprio sopra la collinetta detta Santo Vilaso o Biagio (Campolongo 1913) mentre dallo scritto del sindaco Monaco 1979 Ninea nasce in contrada VOTRACI,in conclusione il paese nacque all’inizio del paese di oggi cioé tra LICASTRO ED IL PANTANO.
E certo che Ninea sorse nella valle tra Pantano e Licastro, anche se popolo pacifico gli abitanti sono costretti a trasferirsi in località meno esposta alle offese nemiche,probabilmente questo passaggio avvenne a causa delle invasioni dei SARACENi tra l’850 e 1000 d.C.
Dopo il 1000,quando il cristianesimo trionfo sul paganesimo,sicuramente l’antica Ninea ,divenne San Donato.Il Fiore (scrittore Calabrese)a tale proposito scrive come poi cambiata si fosse nell’oggidi di S.Donato ;non é che lo scriva,questo ,quello é più certo fosse nei secoli della grazia per devozione o altro spettante .Il Fiore scrivendo di Artemensio ,mutata in S.Agata,di Tyelle mutata in S.Gineto,di Argentano Mutata in S.Marco.Non si hanno dati certi circa l’epoca in cui Ninea divenne cristiana e quindi venne nominata SAN DONATO.
Come già detto gli abitanti di Ninea non si sentivano in sicurezza nel primo sito prescelto,soprattutto per la vicinanza con SARACENA,colonia militare dei saraceni invasori.sentendosi sempre in pericolo decisero di trovare un posto più sicuro per ricreare l’abitato.Scelsero una località meglio protetta e più facilmente difendibile.Costruirono il nuovo centro abitato « LA TERRA »In terra montana ben adatta allo scopo.Oggi nella toponomastica di San Donato si conservano ancora i nomi TERRA E MOTTA.termine molto usato in Italia,che vuol dire rupe staccata da un monte,deriva da Smotta ,terreno franoso.
La località prescelta rispondeva pienamente a quando andavano in cerca i SANDONATESI :una roccia staccatasi dalla montagna,con un modesto pianoro protetto da tre pareti rocciose e quasi a picco (i costi da terra) ed esposte soltanto dal lato nord-ovest verso la contrada PASTINI ,lato protetto da un castello difensivo,del quale esistono ancora i ruderi,a cui si accede da una stradella chiamata “strada del castello” .Esiste ancora oggi l’arcata che doveva costituire l’ingresso della terra » « u suppuortu da terra »ed al pianoro della MOTTA.
Fu chiamata Motta o Morta, perché, ogni persona sospetta, veniva uccisa, e dall’alto della montagnetta, oltre ad essere più sicuri dei nemici, godevano una vita tranquilla ed un’aria salubre ed ossigenata.
Ogni sera chiudevano il PORTONE do suppuortu, per sicureza,con delle guardie sempre in allerta e pronti a difendere il nuovo abbitato.
Si racconta che durante la rivolta dei sandonatesi,tutti i rivoluzionari si erano ritirati in trincea ara motta, il portone chiuso era sotto sorveglianze delle guardie,ma una notte mentre le guardie di turno dormivano,le milizie arrivate da Cosenza,misero ferro a fuoco la TERRA ed impiccarono una parte dei ribelli ed i fuggitivi andarono a nascondersii nelle montagne dedicandosi al brigantaggio.
Il Castello,dal luogo in cui sorse,si chiamo MOTTA,cioé collina,per cui la titolare della chiesa si chiama : SANTA MARIA DELLA MOTTA.
Con il tempo gli abitanti furono sempre più numerosi e la TERRA e la MOTTA si dimostrarono insufficienti ,fu necessario estendere il territorio,sorse cosi il CASALE.
Intanto le aggressioni si calmarono ed il territorio si sviluppo ,non più verso la montagna ma verso la pianura nacquero cosi le zone GIARDINI e SANTO CRISTOFARO.
Oggi non solo esite la netta distinzione tra LA TERRA ed il CASALE,ma questo é suddiviso con CASALE e CAPOCASALE,comprendendo nel secondo,le abitazioni della parte più elevata dell’abitato.,sorte in vicinanza della parete rocciosa denominata PALIZZI.il CAPOCASALE si estende dai fabbricati posti oltre la chiesa della SANTISSIMA TRINITA fino alle ultime case della contrada SANT’ANTONIO.
Dalla formazione di questo nuovo paesetto, un cinque secoli prima della venuta di Cristo, fino al 1000, non se ne seppe mai nulla, restò nell’oscurità dei secoli come un popolo di pastori, di agricoltori ed investigatori, o cercatori di miniere; sempre laboriosi, di costumi semplici, ma ladri, tanto che spesso venivano in guerra con i paesi circonvicini. Divulgatosi il Vangelo di Cristo, divennero Cristiani; mentre prima seguivano le credenze pagane dei Greci; e siccome allora era in voga che tutti i Cristiani si eleggevano a protettore un santo, così saputo che in Arezzo vi era stato un vescovo a nome Donato, il quale aveva fatto, e fa tutto giorno, grandi miracoli, specie a quei che venivano colpiti da paralisi, e di questa malattia ne morivano, e ne muoiono assai, così lo elessero a protettore, e al nome di Ninea vi aggiunsero quello di S. Donato, e ciò avvenne verso il decimo secolo.
Passato il pericolo dei nemici, come dirò in seguito, cominciarono ad essere più indipendenti e sicuri, e siccome la popolazione era aumentata di molto, così pensarono di estendere il paese non dalla parte della montagna, ma verso il centro, e scesi un poco sotto, principiarono a fabbricare le prime case nella parte detta Santo Cristofaro.
Il paese prima era un bosco fitto di abeti e faggi, che col tempo scomparvero, man mano che il popolo cresceva e si fabbricava nuove case. Tra le persone che abitavano la parte di sopra del paese, detta Motta, e quelli del centro, regnò sempre un odio tremendo, tanto che i giovanotti di una parte non potevano sposare le giovanette dell’altra, e se per caso si permettevano di andare a cantare con la zampogna, o chitarra; (come una volta fecero gli antichi trovatori della Provenza, ed ai tempi nostri gli Sdagnuoli, seguaci dei trovieri antichi) sotto la finestra di qualche vaga ragazza che loro piaceva, venivano a serie questioni; quest’innato odio ora è finito da un cinquant’anni in qua.
Dal 1200 veramente San Donato Ninea cominciò a dare segni veri di civiltà, tanto che divenne sede ducale sotto la famiglia Sanseverino, di nazione Normanna venuto in Italia verso il 1288, assieme alla famiglia Campolongo, San Biagio e ad altre. Dal 1200 fino al 1647 vissero vita tranquilla. Nel 1648, poi, seguendo l’esempio della rivoluzione scoppiata a Napoli per opera di Masaniello, il quale aveva gridato contro il sopruso del Duca d’Arcos, il quale aveva affamati tutti i Napoletani, e per ultimo aveva posto la gabella anche sopra la frutta: ed in Calabria mossa da altre persone, perché non volevano gli Spagnoli, i quali avevano impoverita la nostra Calabria, così anche i Sandonatesi si ribellarono contro del Duca Ametrano; e siccome ancora non era scomparso da loro il maledetto vizio del rubare, così assaltata la mandria del Duca, la derubarono di 4000 pecore, né si curarono di chiedergli perdono. Saputo ciò il Duca, fece ricorso al Viceré di Napoli: Olivarez ministro del Re di Spagna, Filippo IV; il quale mandò 40 soldati della compagnia del battaglione che presiedeva a Cosenza, mentre altre 40 persone le riunì tra servi ed amici, ed armati tutti, si presentarono in San Donato Ninea per mandare ragione del fatto; ma i Sandonatesi si mantennero duri alle domande del giudice, ed invece di scolparsi, preferirono di non dar conto del loro oprato. Tanta noncuranza inasprì di più il Duca, il quale avuto in suo potere un certo Marco di Vuono, uno del capi della rivoluzione, e complice del ladrocinio fatto, lo fece impiccare per la gola e poi partì per Cosenza. Questa punizione irritò gli animi dei Sandonatesi, tanto che ben presto se ne videro le conseguenze. “Il Duca, dice il Capeceladro, credendo che il terrore del castigo inflitto al Vuono fosse stato bastevole a far stare sottoposti al suo volere tutto il popolo, col primo di agosto dell’anno 1648, assieme a Don Francesco Sanseverino, suo cugino e ad altri suoi familiari, si recò di nuovo in San Donato per riscuotere la tassa che il giudice aveva imposto al popolo come castigo delle pecore rubate, ma il popolo si rifiutò di pagare, ed il Duca, per vendicarsi, cominciò a mostrarsi severo e vendicativo con tutti. La popolazione era oramai stanca delle prepotenze del Duca e giurarono di vendicarsi; ed il giuramento si avverò subito. Di fatti il giorno 10 agosto dello stesso anno, avendosi il Duca udita la messa, nel ritirarsi che fece a casa di Francesco di Arnone, perché la sua casa, attuale palazzo Campolongo, era stata rovinata dal popolo, affacciatosi ad una finestra, gli furono sparati due colpi di fucile dalla casa di Romano Balsamo che lo resero cadavere all’istante. Gli uccisori furono: mercurio Panebianco, Francesco Iannuzzi e Francesco Panebianco, i quali uniti al resto della popolazione volevano bruciare la casa del Duca ed avere nelle mani anche il cugino Don Francesco Sanseverino, il quale riuscì a fuggire per opera di un suo familiare a nome Mario Biancamano, ma scoperto mentre stava per mettersi al sicuro, fu anche ucciso, assieme a due guardiani e a tre soldati, e così i Sandonatesi si vendicarono barbaramente del loro padrone e Duca”. Col Duca Ametrano finì anche la sua famiglia; restò solo una figliuola che sposò il Duca di San Biagio di Malvisto e questi, poi, vendette il suo feudo di San Donato Ninea ai Baroni Campolongo verso il 1700.
A comincia re dalle prime case del CASALE e risalendo al CAPOCASALE e alla TERRA,questa é la toponomastica di SAN DONATO :
Le CROCI (Calvario)IL GIRONE,PIETRA A CANNIA,GIARDINI,SANTO CRISTOFARO,CURCUVIA,PIAZZA VECCHIA,VANELLA(vicolo)della PIAZZA,SOPPORTO DELLA PIAZZA,COSTE DELLA PIAZZA VECCHIA,SPELONCA,CIBBIONE,CARMINE,PIANO DELLA SELLATA,COSTE DE S.VITO,PIAZZA NUOVA,GIUGGELO,AVANTI LA CHIESA,SAMMICUOSO,CAPOCASALE,S.ANTONIO,PIANO DELLA MOTTA,LA TERRA,STRADA DEL CASTELLO ,PALIZZI
deve a nostro esclusivo vanto, perché fra lo spazio di cinquant’anni, abbiamo saputo affermarci, col rendersi civili e degni di stima.
Fonte Campolongo 1913
Fonte MONACO 1987
SEGUE…
1 commento
Grazie x queste informazioni. Sono contenta di conoscere qualcosa di più del paese di mia mamma!