Stuòzzi ì stòria: Gìriànnu ppì putìghj

Luigi Bisignani

E bello ricordarsi di un paese vivente pieno di gente in tutte le vie,l’epoca d’oro ,in ogni vaneddra c’era un piccolo commercio o cantina.era l’epoca che il nostro paese sembrava una piccola cittadina prospera di 5000 anime.Il nosro amico Minucciu ci fa un po l’inventario e ci fa  rivisitare,come un cicerone, ogni “spiculu” del paese dove c’era “na putigha ,na cantina o nu commerciu”.

Questa volta con l’aiuto della sorella e suo fratello.

cultura-sandonatese_thumb.jpgStuòzzi ì stòria: Gìriànnu ppì putìghj. Parte prima Quando un sandonatese usciva di casa, sapeva c’àppèna mìsu ù pèdi fòra dò scalùni, per quella atavica e diffusa abitudine paesana d’avere sotto controllo tutto ciò che accadeva ’ntò vicinanzu, molti occhi ne avrebbero seguito tutti i passi. Sapeva anche c’à sfilàgghj, mènzipòrti e finèstri, oppure arripati à mùra o cantùni, assittàti ‘nte spassètti o fermi àri scaluni e senza darlo molto a vedere, i comppaesani esercitavano discreta sorveglianza sulla svolgersi della vita paesana. L’uscita da casa, per certi versi era paragonabile all’ingresso su un palcoscenico. Il sandonatese era cosciente che, nel ruolo di controllore àvìadi à spruvà, mentre in quello di passante avrebbe dovuto dissimulare le vere ragioni del suo girovagare e restare sul vago con le risposte. La “rècita” richiedeva buona dose di autocontrollo e di faccia tosta e quindi la capacità ì nò ggùrtà con domande dirette od indiscrete e di nònn’àffruntà con risposte poco garbate. Il linguaggio spesso era per cenni. Aggrizzà l’uòcchj poteva signficare addhùnni vàsi e la risposta era altrettanto concisa, ì pinnìno o à càpadièrtu indicato col movimento della testa. Si vùliàsi spènni paròla, al generico scìnnisi?, àcchiànasi? la risposta era un cenno di testa affermativo, mentre ad un più preciso vàsi? spesso la risposta era vàiu!. Frequentemente come luogo di destinazione si indicava à putìga, che era risposta interlocutoria in quanto consentiva di non dare nessuna indicazione sulle reali intenzioni. Nel parlato sandonatese, il termine putìga generalmente indicava la bottega di generi alimentari, il cui titolare era “ù putigàru” ma, per esteso anche qualsiasi altro locale presso il quale veniva esercitata un’attività economica. Con ironia tutta sandonatese, ccù putìga si indicava la cantina o qualsiasi altro locale, pubblico o privato, presso il quale era possibile ì si fa nù schìcculu. Putìga era anche un laboratorio artigiano, bàrbièri, scarpàru, cusitùru, mastr’àccètta o fàlignàmi, il cui titolare era appunto ù màstru ì putìga, mentre era forgia e non putìga il laboratorio del fabbro, cui era riconosciuto il titolo di màstru furgiàru. Màstri sènza putìga erano i fravicatùri e lo erano anche coloro che, nel tempo residuo alle attività principali e presso la propria abitazione, creavano attrezzi ed altre utilità per il mondo agropastorale, quali cistàri, spurtàri, pànaràri, mmàstàri e siddhàri. Non veniva riconosciuto il titolo di màstru a chi realizzava fiscèddhj e cùstigni perché non era un mestiere ma un’abilità personale in quanto ogni pastore costruiva i suoi. San Donato fino agli anni 50 è stato ricco di botteghe attive in vari settori economici. Per quel che consente la memoria personale (e col con rischio di inevitabili errori ed omissioni), ccù stà pàrmarìa tenteremo di dare una panoramica dè putighi ì sàntudunàtu, sia quelle attive ai tempi dell’infanzia di chi scrive, sia quelle di cui si conservava memoria e ricordo. Nell’indicare i vari esercizi commerciali, non sempre sarà possibile rispettarne successione temporale e tipologia. Vi saranno necessari accavallamenti e sovrapposizioni perché, spesso, nel medesimo locale, hanno avuto sede esercizi artigiani o commerciali di diversa natura. ‘Ncùminiànnu non posso omettere il più periferico, “à putiga d’Ottorinu àru bìviu”, con licenza di bar-tabacchi-alimentari e salendo verso il Pantano “ù mulìnu ì Savèriu ì ‘Ntrìu”. Ad inizio dell’abitato vero e proprio, àru Girùni, si incontrava la rivendita di elettrodomestici, mobili ed arredi ì Michèli Cordàscu, imprenditore che convertì i sandonatesi all’uso del gas in bombole e che ritengo il maggiore responsabile della rottamazione della vecchia mobilia in massello di stile sandonatese (vànchi, vancùni, granàri, sèggi) in quegli anni sostituita da mobili in alluminio e formica dei quali il Cordasco era rivenditore. Dopo la curva cc’èradi à putìga ì scarpàru ‘Ntoniu Miraglia, e poco più su il generi alimentari ì quìri ì Mariètta, con aggiunta successiva del forno gestito dal figlio Peppino. Oltre vi erano la falegnameria i Rèstu ì limmìnu, che a detta attività aggiunse quella delle onoranze funebri e la bottega ì zù Pèppi Lavàlla, idraulico lattoniere il cui figlio ‘Ntoniu avrebbe impiantato e gestito un’officina di autoriparazioni. Oltre cc‘èradi à fòrgia ì Giuvànni ì bajlèsciuchi pùa à chùsa e fàtta à cantìna Salendo si incontrava la rivendita di tessuti d’Ernèstu ì cùcci e poco più avanti l’albergo Casella nel cui pianoterra vi era un locale adibito a ristoro per la clientela ed a cantina per gli altri avventori. Dove fino agli anni 50 era stata attiva la farmacia di Dòrriguàrdu (Edoardo Buono), ‘Ntoniu ì Spagarru esercitava l’attività ì màstru scarpàru. Salendo àra chjàzza dò jàrdìnu, incontravamo à pùtiga i Savèriu Mònacu poi gestita dai figli e col tempo ridotta alla sola tabaccheria. Aru Jàrdìnu era attiva à putìga ì fàlignàmi i zù Binignu i cantùni, chiusa quando il titolare venne nominato guardia municipale. Nello stesso locale zìu Semìnu ì Sèttino aprì un bar che dopo anni venne ceduto à Savèriuì i migghjnu che lo tenne in esercizio fino alla partenza per il Canada, lasciandone la gestione ai suoceri. Sul lato opposto, nello slargo dietro la fontana, è stata attiva la rivendita di generi alimentari ì quìri i Fìdilùzzu. Acchjanànnu vièrsu à Siddhàta, a metà salita ci si imbatteva nel punto vendita del consorzio agrario gestito à zù Piètru Ciànni e pùa à Nucènziu i miccòni ed appena la strada tornava in piano trovavi la rivendita di elettrodomestici di Pasqualino Esposito. Sopra strada vi era la sartoria di Franchinu i spinghula e poco oltre la rivendita di colori e generi affini ì Pietru ì mìrcudièddhu. Salendo trovavi la bottega ì Ciccìllu ù malatu che aveva trasferito l’attività vicino alla sua abitazione. Procedendo lungo la strada principale c’erano i magazzini i Caràccu ed una rivendita di generi alimentari e diversi cui nel tempo si aggiunsero giornali e periodici, gestita à Marìa e Luvìsa, fìgghje i Rafèli ù pùstàlìnu (Raffaele Iannitelli); poco oltre esisteva un altro “generi alimentari” aperto da una dà razza ì Càlivìnu. Poco oltre, al piano terra della casa proprietà della famiglia comuneMonaco, vi era un mulino gestito à ‘Ntòniu Rùgna e Rachèli ì liùni. Qui mi fermo e riprendo la strada pp’àcchjanà dò jàrdìnu nsìnu àru Jùjùlu (’àra Siddhàta cc’iàrrivàmu dòppu). Ntà vanèdda dò Jàrdìnu, dopo à cantìna i Bèllavajàna (pùa ì Pèrròni) vi era il laboratorio di falegnameria ì Umbèrtu ù rùggianìsi ed una rosticceria aperta da Tiadòru i mishjuni. A detti esercizi qualche anno dopo s’è aggiunta la bottega per la vendita di prodotti derivati dalla lavorazione della carne di maiale aperta à nù fìggju ì quìri ì rusànna. Salendo la strada ppà Crùcivìa era stato aperto un negozio di alimentari fàcci frùnta à quiru Accasiòni. Poco più avanti, àra chiàzzetta dò cìnimu, trovavamo un locale che in varie epoche, ha rispettivamente ospitato un alimentari ed una macelleria dei quali non rammento i gestori. Ultimo esercizio attivo in detto locale fu la cantinatrattoria gestita à zìu Sèminu i Sèttimu. Anche il complesso che ospitava il cinema, quando cessò l’attività di proiezionevenne adattato a falegnameria à Giùvànni ì màzzasètti (Giovanni Marini) e gestita successivamente pùru à zìu Mèricu ì fìrrièttu. Salendo à vanèddha do cìnimu, si trovava un basso nel quale Mìcùzzu Ciànni esercitava l’attività ì màstru furgiàru. Ara Crucivìa vi era la bottega ì cùsitùru i màstru Fìdilùzzu e poco più avanti à putiga i Firràru, un generi alimentari e diversi alla quale collaborava uno dei fratelli a nome Donato Ferraro, cieco che però al tatto riconosceva benissimo il danaro e non sbagliava mai un resto od un conto. Poco più avanti vi erano à putìga i bàrbièri ì Francìscu ì pianèta, alla quale seguiva la bottega di frutta e verdura ì zìu Cìccìllu ì Centàrma, e più oltre la bottega di tessuti ì Sidòru ù tilàru. …

continua Minucciu

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2 commenti

    • Stefano il 17 Gennaio 2024 alle 14 h 34 min
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    Meraviglioso racconto di un pezzo di storia vissuta… Merita attenzione e divulgazione alle nuove generazioni… magari un bel libro.. complimenti vivissimi
    Stefano Lucci
    Policastrello

    • Francesco il 17 Gennaio 2024 alle 22 h 33 min
    • Rispondi

    C’era puru u magazino di Nonno Orazio Monaco

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