Come eravamo : A’ Vìa Crùcissi

Luigi Bisignani & Minucciu

cultura-sandonatese_thumb.jpgFra le tradizioni sandonatesi, “à vìa crùcissi”, era quella più “sentita”. Era la cerimonia religiosa alla quale, sin da bambino ho partecipato volentieri, all’inizio confuso fra gli altri coetanei appresso al prete e successivamente “nzièmi àri cchjù grànni” quale cantore agli ordini “ì zù Micùzzu ù sàcristànu”, il quale, alla tastiera dell’organo a mantice, accompagnava e coordinava i canti religiosi.

Questi “precedenti” personali, presumo legittimino le ricerche che ho condotto su origine, evoluzione e diffusione della Via Crucis, insomma sulla storia di questa pia rievocazione e sul suo radicarsi nella liturgia della chiesa sandonatese.

E’ opinione di alcuni storici che, come forma di “devozione-espiazione”, detta rievocazione tragga origine e sia collegata alle visite che Maria, madre di Gesù, faceva presso i luoghi dove si verificarono gli episodi poi tramandati nel rito della “Passione e morte di Cristo”.

Altri storici riconoscono l’ideazione di questa rappresentazione a religiosi del medioevo, fra i quali Francesco d’Assisi, mentre l’istituzione della sua celebrazione, nel venerdì santo, appartiene alla tradizione francescana.

Rinaldo di Monte Crucis, dell’ordine dei domenicani, alla fine del XIII secolo (1294), narra della salita al S. Sepolcro “per viam, per quam ascendit Christus, baiulans sibi cruce”, da lui percorsa, per varie tappe e con soste, nei luoghi più significativi del martirio “stationes”, quei posti che videro, in successione, la condanna a morte di Gesù, l’incontro con le pie donne, la consegna della croce a Simone di Cirene, le tre cadute sotto la croce ed altri significativi episodi della Passione, fino alla morte sulla Croce.

In epoca medievale, per il cristiano credente e praticante, percorrere o partecipare alla Via Crucis, significava doversi recare personalmente in visita pressi i luoghi del martirio. Questo pellegrinaggio, sotto l’aspetto pratico ed economico, non era possibile per tutti. Da queste circostanze nacque la necessità di “una figurazione in loco” del percorso, attuando rappresentazioni dei vari episodi della Passione, i quali coinvolgevano emotivamente i fedeli ed “idealmente li portavano in Gerusalemme”,

La pratica del rito venne conosciuta dai racconti dei pellegrini rientrati dalla Terra Santa. Alla diffusione provvidero i Francescani, ai quali, dal 1342, era affidata la custodia dei luoghi santi in Palestina. Per tale motivo, il rito della Via Crucis venne istituito e praticato, inizialmente, solo nelle chiese dove operavano i predetti frati (minori osservanti e riformati).

Nel XVIII secolo (1731 circa), papa Clemente XII stabilì che la Via Crucis, oltre che nei templi francescani, poteva essere praticata anche nelle altre chiese. Mantenne però il privilegio della “istituzione” al solo ordine francescano. Dieci anni dopo (1741) papa Benedetto XIV, per limitare la diffusione incontrollata della devozione, stabilì che non poteva essere celebrato più di un rito per ciascuna parrocchia.

San Leonardo da Porto Maurizio (uno dei maggiori ideatori e propagatori del rito della Via Crucis), ne creò personalmente molte, ciò perché, una corretta pratica devozionale, faceva acquisire le medesime forme di indulgenza, concesse a chi visitava i luoghi santi in Gerusalemme..

Per facilitare la comprensione e la visualizzazione delle “tappe del martirio”, all’interno delle chiese vennero collocate delle stazioni e la loro disposizione doveva rispettare simmetria ed equidistanza. Numero e nomi delle stazioni, nella storia della devozione, ebbero molti mutamenti. L’immagine per ciascuna delle stazioni divenne facoltativa, fu invece obbligatoria la croce di legno a contrassegnarne ognuna. Oggi in tutte le chiese cattoliche vi è una “via dolorosa”, spesso sotto forma di sequenza murale interna.

Le Stazioni della Via Crucis che la tradizione ci ha tramandato, sono le seguenti:

I°) Gesù è condannato a morte; II°) Gesù è caricato della croce; III°) Gesù cade per la prima volta; IV°) Gesù incontra sua Madre; V°) Simone di Cirene porta la croce di Gesù; VI°) La Veronica asciuga il volto di Gesù; VII°) Gesù cade per la seconda volta, VIII°) Gesù ammonisce le donne di Gerusalemme; IX°) Gesù cade per la terza volta; X°) Gesù è spogliato delle vesti e abbeverato di aceto e fiele; XI°) Gesù è inchiodato sulla croce; XII°) Gesù muore sulla croce; XIII°) Gesù è deposto dalla croce; XIV°) Il corpo di Gesù è deposto nel sepolcro.

Alcune stazioni corrispondono a episodi descritti nei Vangeli, altre sono state introdotte dalla devozione popolare (le cadute di Gesù e l’incontro con la madre), mentre la stazione della Veronica, secondo tradizione, è legata al telo sul quale è impressa l’immagine del volto sfigurato.

La Via Crucis, per i devoti della confessione cattolica è, contemporaneamente, momento di preghiera, di riflessione e cammino penitenziale. La celebrazione della Via Crucis è rito comune nei venerdì di Quaresima (è speciale quella del venerdì santo).

Nel tempo, la Via Crucis è entrata nell’insieme delle sacre rappresentazioni popolari, dato che, nel sentire comune, pochi pii esercizi sono così amati. Il motivo va ricercato nella circostanza che essa rimanda la memoria all’ultimo tratto, indicibilmente duro e doloroso, del cammino terreno di Gesù.

La Chiesa di Gerusalemme si mostrò attenta verso i “luoghi santi”. Già dal II secolo, reperti archeologici danno per certe talune espressioni del culto cristiano, celebrate all’interno dell’area cimiteriale dove era stato scavato il sepolcro di Cristo. Alla fine del IV secolo, Eteria dà notizia di edifici sacri eretti sulla cima del Golgota e fra essi cita, l’Anastasis, la chiesetta “ad Crucem” e la grande chiesa del “Martyrium”. La stessa pellegrina informava di una processione che, in determinati giorni, si snodava dall’Anastasis al Martyrium. Non si trattava di vera e propria “via Crucis” o di una “via dolorosa”, come si intuisce leggendo le “cronache di viaggio” dei pellegrini nei secoli V e VI). Quella processione però, con i suoi canti e il suo stretto legame con i luoghi della passione è comunque ritenuta una primitiva forma di “Via Crucis”.

L’istituzione della cerimonia della Via Crucis, nel senso attuale del termine, risale al Medio Evo inoltrato ed il merito va equamente attribuito a San Bernardo di Chiaravalle (+1153), a San Francesco d’Assisi (+1226) ed a San Bonaventura da Bagnoregio (+1274). All’opera di questi santi, necessaria per l’affermarsi ed il diffondersi del sacro rito, vanno aggiunti, il particolare clima di pietà e compassione per il martirio di Cristo comune fra le genti nell’alto medioevo; l’entusiasmo per le Crociate, il cui scopo era la riconquista del S. Sepolcro; il rifiorire dei pellegrinaggi, gia a partire dal secolo XII e la presenza stabile, dal 1233, dei frati minori francescani nei ”luoghi santi”.

La Via Crucis, come pio esercizio, nasce da una sorta di fusione di tre devozioni che, a partire dal secolo XV, erano radicate nelle popolazioni cristiane europee e che, nello specifico erano; la devozione per le “cadute di Cristo sotto la croce” (se ne enumerano fino a sette); la devozione ai “cammini dolorosi”, compiuti da Cristo durante la sua passione (dal Getsemani alla casa di Anna, da questa alla casa di Caifa, quindi al pretorio di Pilato ed al palazzo del re Erode); la devozione alle “stazioni di Cristo”, cioè ai momenti in cui Gesù si ferma lungo il cammino verso il Calvario, perché costretto dai carnefici o perché stremato dalla fatica. Spesso “cammini di dolore” e “stazioni” (nelle quali è talora raffigurata la scena oggetto di meditazione), corrispondono nel numero e nel contenuto. Nel lungo processo di formazione della Via Crucis si è avuta la fluttuazione della prima stazione ed il variare delle stazioni stesse. Gli storici segnalano almeno quattro episodi differenti, scelti quale “prima stazione”:

– l’addio di Gesù a sua Madre (si tratta di una stazione che non sembra aver avuto una larga diffusione, probabilmente a causa del problematico fondamento biblico);

– la lavanda dei piedi (questa stazione, che si situa nell’ambito dell’ultima Cena e dell’istituzione dell’Eucaristia, è attestata in alcune Via Crucis della seconda metà del secolo XVII);

– l’agonia del Getsemani, dove Gesù decise di bere fino all’ultima goccia il calice della passione, costituisce l’inizio di una Via Crucis del secolo XVII (breve, di sole sette stazioni), di notevole rigore biblico e diffusa dalla Compagnia di Gesù;

– la condanna di Gesù, nel pretorio di Pilato, “prima stazione” assai antica, che segna l’inizio del cammino di dolore di Gesù dal pretorio al Calvario.

Nel secolo XV regnava la più grande diversità nella scelta delle stazioni, nel loro numero e ordine. Nei vari schemi di Via Crucis si trovano stazioni, quali, la cattura di Gesù; il rinnegamento di Pietro; la flagellazione; le accuse diffamatorie in casa di Caifa; lo scherno della veste bianca nel palazzo di Erode. Tutti i detti episodi, non figurano in quello che diverrà il “textus receptus” del pio esercizio.

La via Crucis, nella forma attuale e con le quattordici stazioni disposte nello stesso ordine, è attestata in Spagna, in ambienti francescani, sin dalla prima metà del secolo XVП°. Dalla penisola iberica, dove, specie nel periodo dell’Inquisizione, era molto diffusa la pratica delle processioni “penitenziali” (e la via crucis per intrinseche caratteristiche può a buon diritto, essere annoverata fra queste), la rievocazione venne esportata e praticata prima in Sardegna (allora sotto il dominio spagnolo) per diffondersi poi in tutta l’Italia. Nel nostro paesetto la cerimonia fu presumibilmente introdotta e diffusa da frati dei conventi ubicati nei pressi dell’abitato e dei quali oggi restano il nome alla località e pochi ruderi. Gli ultimi furono i “riformati cappuccini” (subentrati ai domenicani che l’avevano abbandonato) i quali abitarono il convento posto nella omonima località, almeno fino a quando il complesso venne coinvolto e semidistrutto dalla frana verificatasi del 1848.

Nella nostra penisola il rito della “Via Crucis” incontrò un convinto ed efficace propagatore in San Leonardo da Porto Maurizio, frate minore missionario deceduto nel 1751, il quale ne eresse personalmente circa 600. La ricostruzione più famosa operata da S. Leonardo è quella al Colosseo, elevata il 27 dicembre 1750 su richiesta di papa Benedetto XIV ed a ricordo dell’Anno Santo,.

Giugno 2015 Minucciu

Post scriptum , fra le fonti consultate sull’argomento, segnalo per sinteticità ed essenzialità il sito http://filiaecclesiae.wordpress.com)

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