Marta Rosa Martinez Ambrosini
RACCONTI D’EMIGRAZIONE
AMBROSINI GIOVANNI, figlio di Luigi e di BERNASCONI Luigia, nacque a Varese il 13 Luglio 1879. La sua storia forse non è molto diversa da quella di altri emigranti italiani ma è veramente commovente.
Vita dura di lavoro, niente di particolare. Da giovane,operaio delle Cartiere Molina, a Varese. Imparò anche il mestiere del muratore.Celibe per libera scelta , e all’ uguale dei fratelli ( Romeo e Angelo ) con un grande spirito avventuriero.
Negli anni “20 la vita in Italia attraversava dei momenti difficili. Suo fratello Romeo ( mio nonno) era partito già da un po’ per il Sud America. Le notizie erano che da zero era riuscito a sistemarsi e aveva preso la decisione di far venir giù moglie e figli lasciati in Italia. Fù in quel momento che anche in Giovanni, cominciò a maturare l’ idea di emigrare.
Nel 1927 insieme alla cognata Rosa , al fratello di lei Francesco ( un giovane di 19 anni consegnato dalla madre alla sorella più grande, affinchè lo tenesse lontano dai venti di guerra che già soffiavano sull’ Europa), ai nipoti Marta Renata ( mia madre) ed al piccolo Romeo, avendo riempito il suo baule con dentro anche tante illusioni s’ imbarcò sul Piroscafo Sofia con partenza dal Porto di Napoli il 19 marzo 1927 destinazione Buenos Aires ( Argentina).
Arrivati lì , dopo pochi giorni, partenza per l’ Uruguay – destinazione finale Salto, città situata vicino al fiume Uruguay e distante 500 km. da Montevideo, la capitale del paese.
A Salto l’ incontro con il fratello e con altri numerosi connazionali.
E qui a ricominciare e di nuovo a lavorare, tanto, ma senza riuscire a conquistarsi un futuro migliore. Anzi! Per Giovanni tanta solitudine e nostalgia! Viveva’ all`ombra del fratello che invece una pietra dopo l’ altra era arrivato ad avere un’ impresa edile. Per lo zio Giovanni l’ Italia nel cuore e nella testa la lingua, lo stile di vita, e una montagna di ricordi della sua amata terra lontana.
Ed arrivò la vecchiaia e si ammalò più che altro di nostalgia. Ricoverato in ospedale il giorno prima di morire raccontano che riuscì ad alzarsi ed uno a uno volle salutare i compagni ammalati dello stesso reparto. Le sue ultime parole furono ” Arrivederci amici, finalmente… Io me ne vado in Italia!” dopodichè si rimise a letto e si addormentò per sempre in questa terra straniera.
Un italiano come forse ce ne sono stati tanti in giro per il mondo, un italiano con un amore immenso per la sua terra ,esempio da non dimenticare.
“NESSUNO MUORE SULLA TERRA FINCHÈ VIVE NEL CUORE DI CHI RESTA”
Marta Rosa Martinez Ambrosini
TACUAREMBO’ – URUGUAY.
2 commenti
Autore
un’esempio di storia della vita dura dell’emigrazione.
potrebbe essere un nuovo ciclo per il nostro giornale,se ognuno raconntrebbe un po della sua storie di “Mgrante” e lasciare ai posteri la realtà sulla sofferenza di coloro che hanno lasciato la prorpia terra.
in modo da far capire a tutti coloro che credono che la vita del migrante e tutto altro che “oro”.
Luigi
Un esempio che serve non solo per far conoscere la storia personale di “Uomini” vissuti lontano dai luoghi in cui sono nati ma a farci conoscere stralci di vita vissuta lontano dalle persone care e a farci confrontare con coloro che, anche in questo momento, muoiono nel mare dimenticati da dio e dagli uomini, muoiono cercando un futuro migliore che non è solo guadagnarsi quanto basta per vivere discriminati, come i nostri conterranei, solo per il colore della pelle e la parlata incomprensibile.
Conoiscere la storia dei nostri migranti può insegnarci a vivere meglio.