Cancro-cellulare: il legame c’è. Dannoso anche il Wi-Fi.
Di Gerd Dani-Free-Italia
Innocente Marcolini ha lavorato come direttore finanziario e del personale in una multinazionale bresciana: per 12 anni le sue mansioni comprendevano un utilizzo prolungato del telefono cellulare e del cordless.
Dopo una serie di dolori avver
titi ai nervi facciali, Innocente si è sottoposto nel 2002 ad una
risonanza magnetica, la quale ha rilevato la presenza di un
neurinoma del Ganglio del Gasser. Si tratta cioè di un
tumore che ha interessato una zona del viso localizzata accanto all’orecchio.
Nonostante il nesso tra tumori e radiazioni sia sempre stato smentito dai medici più autorevoli, Innocente Marcolini ha intrapreso una battaglia legale per dimostrare che invece la coincidenza c’è eccome.
L’uomo, dopo la diagnosi, fece ricorso all’Inail per l’invalidità professionale, senza ottenere risultati. Soltanto dopo 10 anni la Corte di Cassazione ha stabilito che Marcolini ha diritto a una pensione di invalidità dell’80%, e che la sua condizione oncologica è imputabile al costante utilizzo di telefoni cellulari e cordless.
Il verdetto si è basato su studi indipendenti condotti tra il 2005 e il 2009 dall’Hardell. Le uniche ricerche effettuate in materia erano infatti co-finanziate dalle stesse compagnie telefoniche, e ovviamente non potevano che dare esiti negativi per quanto concerne la dannosa potenzialità tumorale degli aparecchi telefonici.
Ma aprendo un qualunque manuale dei più moderni e sofisticati cellulari, tra le righe delle avvertenze si leggono le raccomandazioni di tenere il telefono ad una distanza di 2-4 cm dall’orecchio. È evidente che qualcosa sotto c’è.
Così Matteo Viviani, nella puntata de Le Iene mandata in onda il 3 febbraio 2013, ha intervistato Marcolini dandogli la possibilità di mettere in guardia le persone non informate a riguardo, come lo era lui prima che fosse troppo tardi per intervenire.
A questo proposito la parola viene poi lasciata ad alcuni neurologi italiani, che hanno sperimentalmente provato la correlazione telefono-tumore. Infatti, tramite un’aparecchiatura che ha registrato i cambiamenti di temperatura cutanei, è stato evidenziato un aumento esponenziale della temperatura corporea nel lato sottoposto all’utilizzo del telefono. L’area celebrale coinvolta è maggiormente espansa nei soggetti di età compresa tra i 18 e 30 anni, per toccare il coinvolgimento dell’intera area celebrale nei bambini.
Il 31 maggio 2011 l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro ha “classificato i campi di radiofrequenza elettromagnetica come potenzialmente cancerogene per gli esseri umani sulla base di un aumentato rischio di glioma, un tipo di tumore maligno al cervello associato con l’uso di telefoni wireless”.
In assenza di studi ufficiali e norme che regolamentino l’utilizzo del telefono cellulare, gli esperti raccomandano di seguire alcune misure precauzionali: utilizzare vivavoce o cuffie con microfono, evitare di telefonare in spazi chiusi, soprattutto in auto, in zone troppo lontane dai ripetitori, tenerlo quanto più possibile lontano dal corpo e vietare il possesso dei cellulari ai bambini.
La possibilità di essere vittima di forti radiazioni nocive cresce laddove ci sia una cattiva ricezione: infatti, più il segnale è basso, più la potenza del cellulare sarà forte.
Le conclusioni indicano la strada che seguirà la IARC: per comprendere meglio l’entità del rischio, sarà necessario “monitorare attentamente l’associazione fra l’uso dei telefoni cellulari e il rischio di tumore … conducendo ulteriori ricerche a lungo termine in particolare sugli utilizzatori forti dei telefoni cellulari“.
Ma non è difficile immaginare che la nocività delle radiazioni coinvolga anche le reti WI-FI. Uno studio riportato dall’Appello di Friburgo ha evidenziato che le persone esposte per tempi prolungati alla presenza di reti wireless, lamentano mal di testa, irregolarità cardiaca, difficoltà di concentrazione, nausea e vertigini, stanchezza.
La sperimentazione realizzata dal dottor Conrado Avendano, biochimico specializzato in Andrologia, ha addirittura dimostrato la presenza di danni allo sperma in presenza di un portatile abilitato alla connessione Wi-Fi vicino ad un soggetto maschile.
Avendano ha pertanto affermato che “sono stati tre i fattori esaminati durante la sperimentazione: la vitalità e la mobilità degli spermatozoi, nonchè la struttura del loro Dna. Gli spermatozoi esposti alle onde elettromagnetiche, per circa tre, quattro ore, non sono morti, ma hanno diminuito notevolmente la loro motilità, indispensabile per fecondare l’ovulo femminile. Nel contempo è stato rilevato un significativo incremento di spermatozoi che presentavano fratture nelle molecole del Dna. A questo proposito, in studi realizzati in precedenza, è stato dimostrato come la frammentazione del Dna degli spermatozoi diminuisca la probabilità di concepimento naturale”.
“Abbiamo ipotizzato che i campi magnetici elettronici (CEM) generati da reti Wi-Fi, possano diminuire la qualità dello sperma vivo. È anche noto che i campi elettromagnetici sono in grado di penetrare i tessuti, per cui sarebbe possibile che queste radiazioni abbiano anche un impatto sui gameti femminili. Ciò che mi sento di consigliare è di non tenere il computer portatile in grembo – soprattutto se questo è collegato a reti Wi-Fi – almeno fino a quando la scienza non avrà chiarito l’impatto reale di queste radiazioni sulla salute e in particolar modo sull’apparato riproduttivo degli individui”.
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