Luigi Bisignani
RICORDI….u jardinu
Quando si è piccoli tutto appare enorme, pieno di luce e magicamente bello. La piazza “do Iardinu” era il terminale della locale linea di trasporti pubblici, quelli che, per intenderci, mettevano in collegamento il microcosmo reale della quotidianità col macrocosmo fantastico dell’eccezionalità.
A quel tempo c’erano solo due corse, una per il capoluogo provinciale, Cosenza, e una per Castrovillari, un paesone a non più di quarantacinque chilometri di distanza che garantiva i servizi minimi ed essenziali a tutto il comprensorio: un ospedale, qualche banca, le scuole superiori. La mattina era un pullulare di anime vestite a festa, giacca e pantalone di velluto, camicia bianca per i maschi, gonna lunga, camicetta e scialle per le donne, neri se erano a lutto. Ad accoglierli, alle cinque e mezza di mattina, c’era zia Michilina col suo “sunale” grigio topo decorato a fiorellini i cui petali avevano preso lo stesso colore dello sfondo per l’uso e l’usura. Il bar era un piccolo “catuaiu” di tre metri per quatto, quasi interamente occupato dal bancone, a cui si accedeva salendo due scalini direttamente dalla piazza. Già, la piazza! La piazza in questione era, ed è, ufficialmente denominata Piazza Antonio Monaco perché su di essa si affaccia il Palazzo dell’omonima famiglia il cui esponente di maggior rilievo, passato alla storia come un nobile, era il Capitano Antonio. Due targhe in marmo sulla facciata antistante la piazza testimoniano le sue onorificenze. A guardarla bene però, la piazza era una curva a gomito sulla quale confluivano tre vicoli e una scalinata delimitata da un cancello, un meandro che si allargava nel punto di massima curvatura, che proseguiva, inerpicandosi per la salita di “Ciavone” lungo via Matteotti, verso “a Siddrata”, altra piazza, questa vera, al centro del paese….
Elio Artuso
8 commenti
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Ho già commentato su facebook ma mi fa piacere riparlarne e poi qui il commento rimane finchè ci sarà qualcuno che ne avrà cura. Il primo mezzo di trasporto pubblico, di San Donato, che mi viene in mente, a memoria mia, è la corriera (così la chiamavamo quella a muso lungo) dei Lavalle che in pratica con due corse giornaliere (2 volte andata e ritorno), mattina e sera, metteva in comunicazione San Donato e Altomomte. Attraversava tutto il territorio dei due comuni raccogliendo la gente di tutte le loro contrade. In particolare per San Donato serviva tutte le contrade, compresa C/da Macellara che fa parte del comune di San Sosti, facendo anche da scuolabus per i ragazzi che dovevano frequentare le medie. A proposito, per gli studenti all’ecpoca c’era una corsa intermedia che partiva all’uscita da scuola per riportarli nelle varie contrade. Le altre linee che mettevano in comunicazione San Donatocon altre località: una partendo do jardinu con il capo luogo di provincia e l’altra che transitava dal bivio era la Castrovillari Diamante. La linea per Cosenza (SAn Donato era capolinea) era della ditta Arena/Avolio di Fagnano Castello e faceva un percorso molto lungo, in pratica raccoglieva tutti i comuni dell’alta valle dell’esaro, mentre la Castrovillari/Diamate (se non ricordo male ferrovie Calabro/lucane) ci dava la possibilità di arrivare a Castrovillari e sulla linea ferroviaria tirrenica (Belveredere/Diamante). La corsa San Donato/Altomomte costituiva anche l’alternativa per raggiungere Cosenza: con coincidenza al Casello di Altomonte potevamo usufruire della linea Altomonte Cosenza. Saluti! Giovanni
Nota: Il mio precedente commento si riferisce ad un epoca in cui la fondovalle non era assolutamente in previsione, se non in gestazione nei meandri di menti assai lungimiranti. Realizzata la fondovalle non va abbandonata assolutamente la vecchia provinciale che unisce tutt’ora tutto il territorio comunale e devono essere adeguatamente manutenute tutte le vie rotabili fossero anche interpoderali. Giovanni
Sono contento che ci siano altri sandonatesi che scrivono di argomenti che riguardano il nostro antico paese.
Sono contento se gli autori sono dei giovani, se mostrano interesse per il paese inteso nel suo complesso di storia, lingua, tradizioni, cultura e perché no, anche superstizioni. Sono oltremodo contento se il peso di ricordare e tramandare passa dalle nostre fragili spalle di vecchietti a quelle più robuste di gente giovane e se “à parmaria”, il racconto della tradizione finalmente trova dignità di storia locale e possa essere tramandato e documentato nella forma che gli attuali tempi richiedono, quella scritta. Perché la tradizione orale è oggetto di dimenticanza ed il patrimonio delle tradizioni sandonatesi, tutte, non merita l’oblio. Animo ragazzi, tutti i contributi, anche gli scritti brevi, lasciano sempre una traccia, e non è cosa da poco.
Io ho cresciuto le mie figlie con una ninna nanna sandonatese.Mia figlia sta addormentando i suoi due figli con la stessa filastrocca cantilenata.Per me e’una gioia immensa perche’e’una sana abitudine che si tramanda.
Io sono contento che Minuccio ha parole di incoraggiamento per i giovani a fare esercizio di meoria remota per il nostro paese e chiedo alla signora Marianna di pubblicare su queste pagine quella filastrocca.
Grazie a tutti per le parole di incoraggiamento e apprezzamento a questo mio piccolo scritto. Sono fermamente convinto che senza passato non ci sia identità ed è per questo che mi sento moralmente obbligato a ricercare le mie radici. Ho vissuto al paese solo i miei primi sei anni di vita e non ho avuto neanche la fortuna di nascerci, per cui ufficialmente non c’è traccia delle mie origini sandonatesi, ma nel mio cuore si. Quando qualcuno mi chiede di dove sono, istintivamente rispondo: “di San Donato”. Oggi la nostra è una comunità soprattutto virtuale, visto che viviamo quasi tutti altrove per i motivi che ben conosciamo, ma noto in ognuno di noi una volontà straordinaria nel volersi riconoscere “figlio” della stessa terra. Ciò che ci lega va ben oltre il virtuale, è qualcosa di profondamente intimo. E’ come se avessimo una mente comune, basta un input, una parola, una frase o anche solo un gesto per capire intere situazioni. Joyce le chiamava “epifanie”, improvvise rivelazioni che ci riportano alla mente interi episodi o volti che sembravano essere completamente dimenticati. La trasmissione scritta di fatti, luoghi, aneddoti, sia essa in prosa o in versi, può essere il terreno su cui piantare i semi di questa volontà e ricreare l’identità comune.
Ringrazio Minuccio per il lavoro straordinario che sta facendo in chiave linguistica, da studioso delle lingue conosco le difficoltà che questo tipo di approccio comporta.
Mi auguro che la piazza virtuale del giornale possa trasformarsi in reale, anche se solo per qualche giorno d’agosto, come accadeva fino a qualche decennio fa.
Colgo l’occasione per salutare i responsabili del giornale e tutti i sandonatesi sparsi nel mondo.
Con affetto
Elio
Autore
Il responsabile luigi bisignani ti ringrazia…ciao Elio
Elio ti ringranzio anch’io per quest’ultimo tuo intervento e spero che questa comunità virtuale continui ad esistere molto a lungo passando magari il testimone, anche se virtuale, ai nostri figli e perchè no che ci sia la realtà anche di incontri annuali nel nostro paese. È da pochi mesi che dopo 47 anni di lontananza sono rientrato in Calabria, non molto distante da san Donato, eppure i miei occhi corrono sempre verso i nostri monti che sono visibili anche da casa mia.