La redazione & Minucciu
Santu Dunatu; nà pìcchi ì stòria.
Da alcuni documenti contenenti cenni sull’origine e storia del nostro paese, si rileva che agli inizi del XIV secolo delle “terre di San Donato” era signore certo Filippo Tordo, la cui famiglia viene data per originaria di Pistoia. La circostanza emerge anche in relazione e quale collegamento alla concessione di una licenza di sfruttamento minerario per il territorio sandonatese, a due cittadini lucchesi appartenenti alla famiglia Passavante, tali Giovannuccio e Guiduccio, e dei loro accordi con Tordo, indicato come signore di San Donato e che, nel 1336, “passò il feudo al figlio Jacopo”.
Da altra documentazione si ha la conferma della signoria su San Donatola parte della famiglia Tordo, il cui casato è dichiarato dubbio, con la probabile alternativa di Tordi o Tardi o Tonti, così come è priva di certezza la città di origine, indicata parimenti in Salerno o Pistoia.
Per questioni di logistica e distanze, su Salerno non ho potuto fare ricerche. Per Pistoia ho avuto vita facile, ci abito.
Ho potuto consultare, fra altri, il volume di Dario C. BARNI “Le grandi famiglie pistoiesi, mercanti e banchieri” edito dalla Banca di Credito Cooperativo di Chiazzano (PT) nel 1992 e dal quale si rileva che quella dei TONTI era una nobile ed antica famiglia sulla quale si anno notizie in tempi sicuramente anteriori al 1300. Ai primi del secolo suddetto un Lapo Tonti, considerato fondatore della dinastia mercantile, ricopre una importante carica nell’Opera di San Jacopo mentre uno dei figli, Filippo, nell’anno 1356 è Gonfaloniere.
L’attività della famiglia, come tante altre della Toscana di quei tempi, è fiorente nel settore mercantile e bancario con interessi anche attività connesse. Tralasciando gli altri membri della famiglia, seguiremo le orme di Filippo che dai coevi è indicato come cambiatore, mercante e banchiere.
Le attività familiari, ben gestite, divengono presto fiorenti ed estendono i settori di intervento e gli ambiti territoriali. I Tonti aprono agenzie e corrispondenze all’estero, precisamente in Avignone, Parigi, Montpellier, Siviglia, Bruges e Londra; sulla penisola italiana, oltre che in Pistoia e contado, in Pisa, Firenze, Perugia, Napoli.
In quest’ultima città i Tonti entrano in contatto con la famiglia reale degli Angioini e nel 1350, i fratelli Filippo e Lapo Tonti, figli di Giovanni di Lapo, ottengono l’esclusiva per lo sfruttamento di alcune saline in Provenza.
L’entratura presso la corte Angioina non era concessa ai primi venuti il che fa supporre che i Tonti dovevano essere noti per capacità imprenditoriali, solidità economico-finanziaria e dotati della necessaria spregiudicatezza. Come usava in quell’epoca i banchieri erano anche mercanti ed il raggio d’affari non aveva limiti o costrizioni poiché era usuale e soprattutto buona norma concedere alle case regnanti, papato compreso, finanziamenti e prestiti molto consistenti, con scarse e talvolta quasi nulle possibilità di restituzione, stante il forte indebitamento dei nobili obbligati.
I banchieri e mercanti non ci rimettevano perché, a fronte del credito, esigevano ed ottenevano, concessioni e monopoli per lo sfruttamento dei territori sui quali praticavano attività economiche che spaziavano dalle ricerche minerarie e le connesse attività estrattive, al taglio dei boschi dai quali ricavar legnami per uso industriale, all’esazione di dazi, tributi ed imposte, con adeguato aggio nonché monopoli nelle attività manifatturiere e nella esportazione od importazione di merci e prodotti, tutte attività molto redditizie.
Data la certezza dell’attività dei Tonti nella città di Napoli ed i rapporti d’affari presso la corte Angioina, propendo che la “signoria” sulle terre sandonatesi, che le cronache ci tramandano, più che un dominio inteso nel senso completo del termine, non fosse che un “feudo”, una concessione in regime di monopolio sulle uniche attività industriali che orografia ed economia del territorio consentiva, ossia la coltivazione delle miniere (l’attività estrattiva nel sandonatese era praticata da millenni); lo sfruttamento dei boschi di alto fusto sottoposti a regolari tagli, per la produzione di legname da costruzione e di carbone da sfalci; l’esclusiva sulla produzione di fibra tessile (seta, lino, ginestra, canapa) e sul commercio dei tessuti e dei manufatti gia allora pregiati; l’estrazione di coloranti di cui le terre e le argille del sandonatese sono ricche, cito ad esempio “ù vìtriuòlo”, (cinabro) di colore nero, estratto dalle argille prossime al “gàfaru dà Siddhàta” e quello di colore rosso estratto dalle argille prossime al torrente Angieri, contiguo alla località Pùrfaru, la quale trae il nome dal latino “pùrpura”, greco “porphyra”, porpora, antico nome del colore rosso che, non escludo potesse avere nella zona un piccolo opificio per la produzione. Naturalmente i Tonti nel sandonatese, probabilmente non hanno mai dimorato e, come usava a quel tempo, avevano sul posto un fiduciario a curare i loro interessi oppure praticavano la sub concessione, come dimostra il contratto per lo sfruttamento minerario, stipulato coi fratelli Passavante.
La famiglia Tonti, da mercanti avveduti se hanno richiesto ed ottenuto il “feudo” sandonatese dovevano essere in possesso di buone informazioni sulla redditività dei “negozi”che si accingevano ad intraprendere. Si presume che dalle attività ricavavano abbastanza da ripagare i prestiti alla famiglia regnante, come parrebbe dalla cessione del feudo ad un figlio perché ne continuasse l’opera. Il guadagno veniva reso concreto sfruttando all’impossibile i territori concessi e ricorrendo all’impiego dei reclusi, in quei tempi obbligati al lavoro, quindi manodopera a costo zero che veniva destinata a lavori pesanti, quali l’attività estrattiva e lo sfruttamento del bosco. Per le attività manifatturiere penso sia stata coinvolta la popolazione locale, almeno per la coltivazione di canapa, lino e ginestra e per l’allevamento del baco da seta. Non si sono reperite notizie sulle tipologie dei contratti e sulle modalità di retribuzione ma penso sia stata “còsa bbòna” se dette attività artigianali erano ancora presenti nell’economia sandonatese fino a pochi anni dopo la seconda guerra mondiale.
La famiglia Tonti si è estinta, almeno nel ramo che è di nostro interesse. In Pistoia resta l’antico palazzo, con stemma gentilizio, ubicato nella attuale via della Madonna ed una breve stradina che attraversa la volta del palazzo medesimo e che la toponomastica pistoiese indica come Volta dè Tonti.
Novembre 2012
Minucciu
1 commento
Bel lavoro!