ARCOMANO 1 – A VENA U SCIFU !!
Ricevuto da Giovanni Benincasa e pubblichiamo…
ARCOMANO 1 – A VENA U SCIFU
Dei miei primi quindici anni, vissuti interamente tra la comunità del nostro paese, oltre il 50% del tempo l’ho vissuto ad Arcomano, in particolare l’infanzia fino all’età scolare. Qui la mia famiglia aveva i propri interessi economici ed è da qui che la mia vita ha avuto avvio. Non solo, da alcune notizie raccolte, pare che questa parte della contrada sia stata fondata dal mio nonno paterno e da un suo cugino, coevo, entrambi del casato dei Benincasa.
Il primo nucleo abitativo era costituito da due casette affiancate con un paio di camere ciascuna, con locali sottostanti, soffitte sovrastanti e baracche adiacenti o comunque non troppo distanti per il ricovero di animali, fieno e quant’altro. Le due famiglie si sono sviluppate e gli eredi che sono rimasti in loco hanno portato la piccola frazione alla situazione abitativa attuale, mostrata nella foto seppure parzialmente. Ma, Arcomano, non è solo questo nucleo, è un bel pezzo di territorio comunale ove le poche persone rimaste, a seguito del famoso spopolamento, continuano a lavorare e a vivere.
All’interno del territorio i nostri avi avevano dovuto trovare quelle risorse necessarie a rendere feconda la loro vita ed una risorsa primaria che assolve a questo compito è sicuramente l’acqua. L’acqua circa la quale, come bene di tutti, recentemente abbiamo votato un referendum. Quei nostri avi, una buona sorgente d’acqua, la avevano trovata a qualche centinaio di metri, dalle loro abitazioni, lungo la vecchia strada proveniente dall’altro Arcomano a pochi metri dal crocevia, sempre relativo alle vecchie strade, che porta alle altre contrade limitrofe e al paese. Insomma In una posizione strategica. Questa sorgente, per la piccola comunità, serviva ad attingere l’acqua per le necessità del proprio organismo, per l’igiene della casa, per dissetare gli animali, per innaffiare gli orti, ecc.. I passanti potevano dissetarsi e magari rinfrescarsi e la stessa cosa potevano fare i loro armenti, se ne avessero avuto al seguito.
Tutto ciò accadeva fin quando quei canali erogavano copiosamente acqua, a volte fino al mese di giugno inoltrato, nei mesi caldi ne erogavano un po meno ma bastava comunque alle funzioni innanzi elencate. I canali di erogazione erano tre: i due, che si notato, per l’abbeveratoio e un’altro, in muratura, per la vasca centrale del risciacquo della biancheria. “A ru posto do canali d’assunciraturu mo c’è na troppa i gheriva”. A VENA U SCIFU era una risorsa, così non lo è più. Eppure nel 1957, l’anno è inciso sul cemento vicino a quello scongio di portellone aperto, l’amministrazione comunale con l’aiuto massiccio dei capi famiglia della piccola comunità ha rimesso a nuovo la sorgente riscostruendola totalmente. Sono stati manutenuti i due canali di raccolta per una estensione di alcune decine di metri ciascuno e per una altezza che andava dai due a più metri a seconda delle asperità del piano di campagna. È stato ricostruito integralmente il serbatoio di raccolta in cemento armato così come pure l’abbeveratorio, la vasca del risciacquo e la vasca per bagnare e insaponare la biancheria. Le vasche funzionali esterne sono state realizzate in modo che a cominciare dall’abbeveratoio tracimassero successivamente l’una nell’altra in modo da non inficiare le rispettive funzioni. Gli armenti dovevano trovare l’abbeveratoio sempre pulito. Per il periodo era stato fatto un lavoro eccellente. Ora A VENA U SCIFU così come la vedete nella foto non è più utile a nessuno, è solo un rudere. Versa nel più completo stato di abbandono. Le abitazioni di campagna hanno tutte l’acqua in casa, portata dall’acquedotto. Chi può interessare A VENA U SCHIFU? Eppure potrebbe continuare ad alimentare quelle due “cibbie” che servivano per innaffiare gli orti della piccola comunità. Possibile che nessuno sia interessato più a produrre, per se stesso, qualche pomodoro o un po di insalata verde, veramente in maniera biologica, senza antiparassitari e tutti quegli accidenti di prodotti che alla fine funzionano si contro i parassiti ma col tempo avvelano anche il corpo umano? E se dovesse andare in avaria l’acquedotto, cosa si fa, si ricorre alle autobotti? Non sarebbe più semplice avere anche A VENA U SCIFU pienamente efficiente per la gente e per il territorio? Se continueremo a far morire così altre sorgenti, potremo continuare a vantarci di essere il comune delle cento fontane? Sono cosciente delle difficoltà economiche, ma spero di rivedere questa sorgente quanto prima rimessa in sesto.
RICORDIAMOCI CHE L’ACQUA È UN BENE COMUNE.
Nota: nell’introdurre l’argomento ho citato le mie origini e quelle della piccola comunità solo per ribadire l’importanza di quella sorgente e il perchè del mio interessamento, anche se ora non ho più nessun interesse in loco.
Lì 11.01.2012 Giovanni Benincasa
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3 commenti
Ho scritto quest’articolo per evidenziare un qualcosa che ritengo molto grave. Ovvero, lasciare che risorse utili come una sorgente d’acqua vadano in malora. Ma, io sono lontano, come ho sempre tenuto a precisare, e molte cose non le posso sapere. Vorrei che fossero i residenti a parlarci in modo pacato e sereno dei fatti di San Donato, nel bene e nel male. Se delle necessità si parla, prima o poi hanno una speranza di essere prese in considerazione, viceversa cade tutto nell’oblio e magari si realizzano cose di cui se ne puo fare a meno oppure che possono essere differite a tempi migliori. A tutti coloro che hanno un minimo di interesse in questo territorio, dico di amarlo ed aiutarlo a rilanciarsi contribuendo fattivamente alla rinascita.
Saluti!
mi complimento per l’iteresse che ha dimostrato nei riguardi
della fontana di Arcomano, pur essendo io nativa del luogo non riesco ha ricordarmi di lei. Io sono Rosetta “i rana”, la ringrazio per l’articolo, un caro saluto. Rosetta
Sicuramente Lei sarà più giovane di me e quindi il Suo nome non mi dice niente, me ne dispiace. I miei genitori nei primi anni ottanta lasciarono Arcomano per sistemarsi al paese nei pressi dell’abitazione di mia sorella unica della mia famiglia a vivere a San Donato. Comunque, io sono il filgio più giovane i Dunatu i nunna (Donato Benincasa) e di Tumasina i brazzanu (Tommasina Muzzalupo) che ora non ci sono più da venti anni.
Sono fuori da San Donato da oltre 45 anni ma San Donato e Arcomano sono sempre nel mio cuore. Cordialità. Giovanni