A lìnghua…

Da “Come Eravamo”…Minucciu

A lìnghua..

Frequentavo la seconda elementare e l’aula scolastica era ricavata nella stanza di un immobile ubicato nella zona “ì sùtta i finestri”. Insegnante era don Francesco Monaco che abitava al piano nobile del palazzo che ancora domina “à chjazza dò jardinu”.

Maestro Monaco era in la con l’età, unico docente in paese a non avere “à bacchetta” sulla cattedra, strumento col quale altri miei insegnanti, a monito, tenevano disciplinata, o almeno ci provavano, un’orda irrequieta che di istruzione e cultura avrebbe fatto volentieri strame.

Il maestro era di modi gentili, direi aristocratici a confronto di quelli cui i suoi allievi erano adusi. Si adoperava al meglio e faceva ogni sforzo, pur di far entrare in quelle zucche refrattarie il minimo di sapere che secondo le sue attese doveva essere d’aiuto nella vita.

Non so negli altri compagni di classe quanta traccia abbiano lasciato i suoi insegnamenti. Rammento che in una primaverile mattinata di splendido sole, mentre il maestro valutava gli sgorbi, dei quali avevamo riempito la pagina del quaderno, risultato dei primi faticosi tentativi di utilizzare l’alfabeto e comporre le prime parole, la classe era impegnata nel disquisire su “nidi cchì pètri”, “nidi impalittati”. Dei termini appena citati, non fornisco la traduzione; nel dubbio vi invito a consultare qualche persona anziana.

I conciliaboli furono interrotti dal maestro, il quale ci chiese se avevamo qualche idea su com’era nato l’alfabeto e si erano formate e sviluppate le lingue parlate, citando a mò d’esempio la diversità fra il dialetto sandonatese e quello dei paesi vicini. Nessuno fra noi alunni abbozzò il minimo tentativo di risposta. Maestro Monaco, forse fidando troppo nella nostra capacità di recepire ed elaborare i suoi insegnamenti, diede una breve spiegazione. Buona parte di quello che diceva restava a noi incomprensibile. Probabilmente l’argomento era troppo ostico, rapportato al nostro grado di acculturazione, oppure, come riferito nei testi del Vangelo, il povero maestro spargeva seme fra i sassi, nel caso di specie le nostre teste dure. Comunque sia mi restarono in mente i termini “sanscritto”, “sumeri” e “cuneiforme”, vocaboli dei quali, per qualche tempo, ignorai il significato. Sembrava che la faccenda fosse chiusa lì, ma nell’inconscio mi doveva essere rimase la curiosità. Qualche tempo dopo, e con bagaglio culturale più adeguato, la medesima curiosità mai sopita, fece scoccare la scintilla che mi avrebbe indotto a volerne sapere di più, per appurare quale origine e provenienza avevano i vocaboli, che tuttora costituiscono la parlata degli avi, ossia il sandonatese.

Ho impiegato parecchio nella ricerca, fatta nei ritagli di tempo che lavoro e famiglia mi hanno concesso. Non sono un linguista ma un curioso che mette a disposizione, i risultati e gli elementi che su alcuni vocaboli del sandonatese ha acquisito e verificato. Il presente elaborato non è un vocabolario né ha pretese di un approfondito studio, e solo un piccolo omaggio, forse tardivo, per il luogo natio.

Un’avvertenza, le voci greche e latine e la loro traduzione, sono riportate tali e quali come nei testi da me consultati. Per semplicità di lettura e comprensione del testo senza inutili postille, ho limitato all’indispensabile i richiami alla trasformazione dei vocaboli e della loro grafia, dovuti a fenomeni di corruzione linguistica, barbarismi, derivazioni, metafore, metonimica e sineddoche.

Abbintàdi: dal greco “anapavesthe”, latino “requiescere”, sostare, riposarsi, riprendere lena e forza etc. e dell’antico italiano “abbientare”, rendere abile dopo adeguato periodo di riposo, da cui l’adagio volgare “sta all’abbiento”, in ozio.

Allittadi: dal latino “volates”, soldati leggeri, che corrono al volo; fare una cosa in modo sollecito ed in breve tempo; vocabolo sandonatese caduto in disuso;

Abbitimadi: percuotere per bene, sacrificare; metafora di “victimare” della bassa latinità, uccidere, sgozzare la vittima.

Abbuladi:  metafora del latino “advolare” correre verso o contro…, desiderare ardentemente. Tipica l’espressione paesana “m’abbula l’anima”.

Abbragadi: vi sono richiami al greco primitivo “rahia”, latino “ravis”, raucedine o della voce greca “vranhodis”, latino “raucus”, affiocato, in sandonatese abbragatu.

Abbruncadi: vergognarsi arrossire, voce corrotta del latino “avverruncàre”; espressione dialettale desueta, da me sentita l’ultima volta nel 1950 da una vecchina abitante “ara Terra” rione i cui abitanti più anziani, all’epoca custodivano e tramandavano il vero ed antico sandonatese. L’anziana rimproverava una vicina litigiosa “averasi abbruncà da vrigògna”.

Abbufunidi: avere postumi di lunga malattia, presentarsi col volto gonfio, avere sul corpo una tumefazione, dal latino “bufo-onis”, botta, rospo e secondo alcuni autori, rana molto grande; secondo altri deriva dal greco “vuvos”, latino “plenus” “confertus”, pieno oppure “vuvon”, latino “inguinis tumor”, tumore all’inguine; in sandonatese abbufunutu.

Abbunnanzia: dal latino “abunde”, abbondantemente.

Accinicà: voce composta dal greco ”a chienos” e “ihos”, latino “vacuus animus”, avere l’animo non disoccupato, fare o attendere a qualcosa con grande applicazione; vocabolo non più in uso

Acciu: dal francese “ache”, sedano.

 A Cridenza: dal latino “accredere”, prestar fede. Era uso del popolo minuto sandonatese comprare a credito e saldare i debiti o dopo la mietitura o dopo la vendita delle castagne.

‘Acura: corruzione dell’antica voce italiana “agorà”, in dialetto sandonatese gacura, acu, aghi, ago;

Addinsicadi: dal latino “adràsum”, supino di “adrado”, io mozzo. Addentare qualcosa “muzzicadi” muzzichjà.

Addunadi. Vocabolo di raro uso fra quelli della mia generazione, significava accorgersi di qualcosa, andare da qualcuno per vedere, sapere etc. Era usato nell’ambito di una sola famiglia “do Sammicuosu” pare d’origini non sandonatesi. E’ voce corrotta o del greco “ethanòme”, latino “sentio”, io mi avviso o dell’italiano “addarsi”.

Afficu: deriva dal greco “apehome o “aphestico”, latino abstineo, mi astengo. Asma perché la difficoltà di respiro è un’astinenza. Taluni autori fanno derivare il vocabolo dall’italiano “afa”; in sandonatese “afficuosu”, asmatico.

Affraguladi: dall’arcaico “frago”, latino “affrango”, italiano antico “affralare”, rompere contro; significa restare immobile per improvviso malore o notizia ferale. Sentita pronunciare nei racconti della prima guerra mondiale. “ghè rimasta affràgulata quànnu i carbunieri ddhànu dìttu cò marito ghera muòrtu”.

Affrisculiadi: voce o del latino barbaro “friguluscum”, freddo poco intenso, o per metonimia dal latino “frigullio” io balbetto, incespico nel dire. Significa piccolo brivido di freddo o di febbre. Vocabolo desueto ed usato attualmente nella forma “frisculiàdi”, per ricerca dell’ombra in estate o “frisculìadi”, quando le temperature sono in calo nella stagione intermedia.

Affruci: voce del latino “fulcio”, io sostengo, puntello. Per estensione accorciare, rimboccandole le maniche, le calze.

Agghjanica: dai vocaboli: greco “aglàos”, latino “magna admiratione dignus”, degno di grande ammirazione e greco “inos”, latino “vinum”, vino; uva nera da vino di particolare pregio. Terra vocata per la coltivazione, pare fosse la zona di Arcomano.

Agghiuvà: forse dal greco “ajireo”, latino “in unum colligo”, raccogliere in uno; vocabolo non più in uso da decenni, quando significava raggranellare una somma di danaro per diletto (es. il baciamano pasquale) o fare colletta per bisogno.

Agòmaru: dal greco “comaros”, latino arbutum ; antichissimo nome del corbezzolo e dei suoi frutti.

Ajnu: dal greco”amnos”, latino “agnus”, agnello.

Allamàdi: dal greco “lemos”, latino guld, ingluves, virago, antico italiano “làmia” desiderio smodato di mangiare, farlo in maniera disordinata, essere ghiotto; antica voce del sandonatese caduta in disuso e sostituita da Abburdà.

Allippà: corrotto dell’antico italiano “leppàre”, allontanarsi sollecitamente e/o di nascosto; vocabolo caduto in disuso.

Alliffà: dal greco “alipho”, latino “ungo” poiché l’ungere o simile fa lisciare meglio; termine usato nella concia delle pelli ad indicare tutte le operazioni per pulirle e renderle morbide. Termine mutuato dai commercianti di pelli che venivano a rifornirsi dai “chjanchieri” in San Donato.

Ammajà: dal latino “majus”, mese di maggio, metafora del maggese, in sandonatese “maisi”; termine che indicava un tipo di lavorazione agricola, esempio; vocabolo caduto in disuso.

Ammammadi: derivata del latino “ad mamma”, far prendere la mammella al neonato per la prima volta.

Ammasunadi: dal greco antico “mossininos”, casa di legno; dal greco di decadenza “masonin” che risponde ad “athrisin”, raccogliere in uno, appollaiare, ridurre con battiture una persona od animale in modo che non possa muoversi.  In San Donato: “L’ànu ammàsunatu ì palàti”; “ghèdi ammàsunatu dà frèvi”

Appatimadi:  dal greco “a  patima”, latino “afflicio” patimento; soddisfare un bisogno,  una necessità, la fame. Antico vocabolo desueto sentito pronunciare da mia nonna quando mi vedeva mangiare qualcosa con voglia e soddisfazione. “Ti sì appàtimatu mò”

Appidicadi: derivazione di frasi latine quali: “appetere pedes”, accostarsi ai piedi; “pedibus icere”, investire coi piedi; “ad pedes”, andare presso i piedi. Seguire o raggiungere qualcuno seguendone le pedate. Al momento il vocabolo è caduto in disuso o usato raramente. Nella generazione precedente la mia preferivano adoperare “fà ù rietupàssu”, pedinare.

Apprittadi: probabile origine dal greco “epi”, latino “ultra”, oltre ed “erètho”, latino “irrito”, io provoco; importunare, provocare qualcuno alla lite.

Arcatura: voce derivata dal latino “arquatus” colorato come l’arcobaleno, usato in aggiunta a “morbus”, itterizia, arcatu, itterico; “gha pjatu l’arcu” detto di bambini giallicci o per i quali vi era credenza avessero guardato l’arcobaleno, cosa da evitare, così come farli specchiare, prima che iniziassero a dire le prime parole. Arcatu ed arcatura, erano vocaboli usati per giustificare l’ingiallimento precoce o la secchezza di foglie d’erba o piante.”L’ha piatu l’arcu”

Arcialoni o Cialoni, derivazione delle voci greche “acron”, latino alium. alto o di “archieo”, latino “removeo” io allontano e “ilios”, latino “sol”, sole, perché l’altezza, impedendo il sole, fa grande ombra, riferimento a persona o animale di grande altezza.

Aria: dal latino “area”, aja oppure metafora del sanscrito “ària” terra piana. Recinto ad uso rurale,  pavimentato a lastre o cementato, utilizzato per la trebbiatura delle graminacee e dei legumi secchi.

Arramaggiadi: voce o del francese “ramuger” o, per derivazione, dell’ebraico “raman”, latino “attolli”, innalzarsi e della radice di questo, cioé “sam”, latino “sese efferens” che si gonfia; perdere le staffe, arrabbiarsi, stizzirsi.

Arrangiadi: dal francese “arranger”, acconciare, disporre o “ranger” allogare; adattarsi ad una situazione, cercare una soluzione benchè minima.

 Arrassadi: dal greco “arasso”, latino “pulso”, rimuovo, allontano; discostare, allontanare qualcuno o qualcosa.

Arripadi: dal ternmine spagnolo “arribar”, dare o, per derivazione e sineddoche dal greco “ripi”, latino “impetus”, impeto col quale si percuote, si schiaffeggia. Per ulteriore metafora “arripadi” in sandonatese significa anche costringere al muro una persona, accostarvi un mobile.

Arripicchjadi: dal greco “rytis” latino e italiano “ruga”; gualcire, aggrinzire; “ssà cammìsa ghè arripicchjata”.

Attuppadi: derivata delle voci greche “topos”, latino “locus”, luogo o, con prolungamento del greco primitivo “tao” – “to”, latino “capio”, io prendo. Letteralmente significa prendere con forza qualche cosa. Il vocabolo è stato abbandonato e, per metafora, in sandonatese, si usa Azzuppadi, con lo stesso significato di giungere per caso in un luogo, ad una riunione. 

Con la prima lettera dell’alfabeto, termino trascrizione ed illustrazione di poche delle parole che compongono il dialetto sandonatese. Prego chi legge, qualora fossero presenti inesattezze, di farmelo rilevare. Ripeto, non sono un glottologo; le segnalazioni d’eventuali errori m’indurranno a stare più attento, nel trascrivere i risultati della ricerca in cui mi sono avventurato

Per l’origine della parlata sandonatese da altre lingue, mi è stato d’aiuto la pubblicazione di Teodoro Cedraro sul dialetto calabro-lucano, pubblicata in Napoli del 1885. Qualche altro elemento è stato acquisito da “Calabria prima e dopo l’unità” di Vincenzo Padula e poco altro da autori minori

Novembre 2011

Minucciu

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2 commenti

    • ALFONSO OTTATO il 12 Novembre 2011 alle 13 h 56 min
    • Rispondi

    Caro minuccio, grazie per questi approfondimenti sulla nostra lingua(dialetto Sandonatese), mi dispiace di non poter seguire il nostro giornale che rappresenta tutta la nostra comunità, purtroppo ho pochissimo tempo a mia disposizione per poter dire ogni tanto la mia! Mi capita ogni tanto di leggere quello che si scrive per il nostro caro paese, non sempre ho il piacere di leggere cose positive e me ne dispiace molto. Comunque mi rallegra quando leggo i tuoi scritti e quelli del sig. Giovanni Benincasa. Un cordiale saluto che estendo a tutta la comunità e la direzione del nostro giornale. Alfonso OTTATO

    • Giovanni Benincasa il 12 Novembre 2011 alle 21 h 48 min
    • Rispondi

    Signor Minucciu! Queste sono vere chicche per mantenere vivo il nostro dialetto. È vero che viviamo in mondo globalizzato e per capirci dobbiamo parlare la stessa lingua, meglio ciascuno deve parlare oltre la sua almeno quella che appartiene alla globalizzazione, però, visto che ancora ogni Nazione, città o paese che sia continua a coltivarne una proprio, forse di ogni parola di questa è bene conoscerne almeno l’etimologia. Saluti! Giovanni Benincasa

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